Eletti i presidenti delle Camere
«Habemus praesidentes». Eletti i vertici delle due assemblee parlamentari: Laura Boldrini (Sel) alla Camera e Piero Grasso (P) al Senato, entrambi al quarto scrutinio. Più semplice il risultato di Montecitorio, laddove la maggioranza di centrosinistra era autosufficiente (327 le preferenze ottenute dalla Boldrini); più travagliato quello di Palazzo Madama, in cui al ballottaggio sono giunti Grasso e Schifani, distanziati di appena 9 preferenze dopo il terzo scrutinio: 120 il primo, 111 il secondo. L’esito dell’ultima votazione ha fatto registrare 137 preferenze per Grasso e 117 per Schifani. Mentre 59 sono state le schede bianche e nulle. Sia i montiani (20 senatori) che i grillini (52 senatori) avevano dichiarato che avrebbero continuato a votare scheda bianca: in realtà 12-13 preferenze sono confluite sul candidato del centrosinistra (presumibilmente dal M5S, ed in particolare dai 6 senatori siciliani che avevano chiesto libertà di voto, dicendo: «Non possiamo tornare in Sicilia senza aver votato per un uomo-simbolo della lotta alla mafia»).
Montecitorio. Laura Boldrini,cavaliere al merito della Repubblica, per più di 20 anni è stata portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti è la terza volta che una donna sale sullo scranno più alto di Montecitorio. Nel suo elevato discorso di insediamento, interrotto da 22 lunghi e calorosi applausi, ha indicato una priorità: la lotta alla povertà. «Quest’aula – ha detto – dovrà essere luogo di cittadinanza per chi ha più bisogno; dovrà ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non l’ha mai trovato, ai cassintegrati, agli esodati, alle vittime delle calamità naturali, agli imprenditori, ai pensionati». Attenzione grande al sociale, dunque, ma anche al rinnovamento della politica, che – ha detto – «deve tornare ad essere servizio, speranza, passione», aggiungendo: «Facciamo di questa Camera la casa della buona politica, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani, soprattutto ai nostri figli». Sembrava risuonasse l’eco delle parole pronunciate da papa Francesco alla prima udienza generale che si svolgeva quasi in contemporanea in Sala Nervi: «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». Il richiamo e il saluto della Boldrini al nuovo papa, accolto da una ovazione unanime, ha assunto in questo quadro un significato non rituale.
Palazzo Madama. Piero Grasso ha passato 40 anni a caccia di boss e mafiosi, da giudice a latere nel maxiprocesso del 1987 (di cui scrisse la monumentale sentenza: 7mila pagine in 37 volumi) fino alla procura nazionale antimafia. Scampato per puro miracolo alla strage di Capaci (doveva essere con Falcone quel giorno e conserva ancora la carta d’imbarco di quel volo mancato in extremis). Nel suo sentito discorso di insediamento, il neo presidente del Senato ha ricordato che: «Il Paese ha bisogno di risposte rapide ed efficaci, all'altezza della crisi sociale, economica, politica che sta vivendo», ha ricordato le vittime di mafia e parlato di giovani e giustizia. Ed ha affermato di volere assumere come riferimento del suo impegno le quattro parole riportate nell’affresco sul soffitto dell’aula (lavoro, giustizia, fortezza e concordia) di cui – ha detto – «il Paese ha disperatamente bisogno come della pace sociale». E ancora: «Siamo in un passaggio storico straordinario – ha aggiunto –, abbiamo il diritto della responsabilità di indicare un cambiamento possibile, dobbiamo iniziare una nuova fase costituente che sappia stupire e stupirci».
Significativa la coincidenza dell’elezione di Grasso proprionella giornata della manifestazione di "Libera contro le mafie" che si è svolta a Firenze, e nella quale don Ciotti ha affermato: «La mafia si combatte in primo luogo in Parlamento, attraverso il varo di leggi adeguate».