El Salvador, violenza ai minimi: ma a che prezzo?
Si compie oggi, 27 marzo, un anno dello stato di eccezione decretato dal governo di El Salvador nella lotta alle maras, le bande criminali principale causa della violenza nel Paese.
Il livello di omicidi è ai minimi storici, ed è plebiscitaria l’approvazione della gestione presidenziale della sicurezza in un Paese disposto a tollerare l’autoritarismo di Stato a cambio della pace per le strade.
Non la pensano così i familiari di 7.900 persone che hanno denunciato la detenzione arbitraria dei loro cari per il solo fatto di trovarsi sul luogo delle retate o per il loro aspetto fisico.
Il 15 marzo scorso Bukele twittava: «Con questo, sono già 4.000 i gangster che abitano il carcere più criticato del mondo», facendo sfoggio dell’ironia che lo contraddistingue. Questo pubblicista e imprenditore di 41 anni governa El Salvador da giugno 2019, interrompendo l’alternanza tra lo storico partito di destra e la sinistra del Fmln con la proposta elettorale di un partito costruito attorno alla sua figura.
Il messaggio accompagna un video dal montaggio hollywoodiano nel quale appaiono uomini rapati e tatuati che camminano ammanettati a polsi e caviglie, scalzi e in mutande e siedono ammassati sul pavimento del “Centro di Confinamento del Terrorismo”, megacarcere di massima sicurezza che può albergare 40mila persone.
Mettere fine al flagello della criminalità organizzata nel Paese, tra i più violenti al mondo, è stata la principale promessa elettorale di Bukele; che ora si inorgoglisce di aver trasformato El Salvador nella nazione più sicura del continente. I numeri parlano: gli omicidi registrati nel 2022 sono scesi del 57 per cento rispetto all’anno precedente attestandosi sui 2 per 100mila abitanti, e alcune giornate si chiudono senza vittime. «La gente tira il fiato: non deve pagare ‘pedaggi’ a delinquenti che li minacciano con pistole e può muoversi con maggiore libertà», ci dice un impiegato pubblico di San Salvador che viaggia per tutto il Paese per lavoro. Secondo diversi sondaggi l’approvazione presidenziale supera il 90 per cento, mentre è la situazione economica la principale preoccupazione.
Tuttavia, una parte crescente dell’opinione pubblica si domanda a che prezzo e per quanto tempo potrà essere sostenibile una pace basata sull’incarceramento di massa (è stato raggiunto il maggior indice di popolazione carceraria al mondo: il 2 per cento dei salvadoregni vive dietro le sbarre), senza strategie che affrontino le cause socioeconomiche del problema, mentre crescono i sospetti di un patto clandestino tra il governo e i capi delle maras.
Lo stato di eccezione vigente dal 27 marzo 2022 nel contesto del “Piano di Controllo Territoriale” del governo ha permesso di arrestare circa 65.000 persone in meno di un anno perché ha implicato la sospensione di alcuni diritti civili come la libertà di movimento, riunione e associazione e l’inviolabilità delle comunicazioni personali, il normale esercizio della difesa legale. Si tratta di un un regime che sospende le garanzie legali previsto in condizioni di grave eccezionalità come guerre, invasioni, ribellioni, catastrofi, epidemie o gravi perturbazioni dell’ordine pubblico.
Il provvedimento è stato adottato dalla maggioranza assoluta di un Parlamento dominato dal partito di governo all’indomani di un’escalation di sangue che ha provocato oltre 80 morti in tre giorni. Grazie alla norma, che permette l’arresto senza indicarne il motivo, senza ordine di cattura né flagranza di delitto, gli arresti avvengono durante spettacolari raid di massa. Un comandante delle forze dell’ordine ha rivelato a una nostra fonte che riceve ordini di arrestare un numero minimo di persone al giorno. In questo modo finiscono in galera anche persone innocenti, colpevoli di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, di avere magari tatuaggi o di essere stati membri delle maras nel passato. C’è chi, vivendo in un quartiere con forte presenza criminale, chiede al datore di lavoro un certificato nel quale consti il rapporto lavorativo e la durata dello stesso.
Tra le altre disposizioni, inoltre, si è estesa a 15 giorni la detenzione preventiva e si è abbassata da 16 a 12 l’età imputabile – il che ha permesso l’arresto di oltre un migliaio di minorenni in carceri comuni –, si è introdotto il processo in absentia, ed è condannabile alla reclusione chiunque riceva «beneficio, diretto o indiretto, di qualsiasi tipo» dalle maras che «diffonda contenuti provenienti dalle gang». Definizione troppo generica, considerata incostituzionale e limitante della libertà di stampa dai giuristi indipendenti – e c’è da rilevare che sono stati destituiti con un’epurazione arbitraria attuata dal governo i giudici oltre i 60 anni di età.
La stessa costruzione del megacarcere (in soli 7 mesi) ha sollevato critiche per la mancanza di trasparenza, giacché la costruzione è stata approvata nel contesto di una legge che stabilisce eccezioni ai normali controlli delle opere pubbliche. A tutt’oggi non è dato di sapere quanto è costata, come si è finanziata o come si amministrerà. A queste obiezioni si sono aggiunte le accuse di violazione dei diritti umani a Amnesty International, Human Rights Watch e istituzioni locali, con testimonianze pubblicate dalla stampa internazionale che, oltre agli arresti arbitrari di innocenti, parlano di decine di morti in carcere a conseguenza di torture.
Personalità come il cardinal Gregorio Rosa Chávez hanno espresso pubblicamente la loro preoccupazione per il modo in cui si sta conducendo la pubblica sicurezza nel Paese.
Le maras sono bande criminali che si contendono il territorio praticando l’estorsione a tutti i livelli: dai “pedaggi” imposti ai conducenti degli autobus alle “tariffe” per garantire la sicurezza ai commercianti. Col tempo hanno penetrato ogni tipo di attività economica, rifiuti, porti, allo stesso modo della Camorra. La violenza con la quale proteggono i loro affari terrorizza la popolazione.
Le principali, la mara Salvatrucha e la Barrio 18, sono nate a Los Angeles tra i giovani salvadoregni in risposta al disagio sociale urbano e al bisogno di identità, solidarietà e famiglia.
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