Ekklesía, il cantiere è aperto
La nuova rivista Ekklesía, edita da Città Nuova, si propone come uno spazio di dialogo, di discernimento e di impegno per quanti, sentendosi interpellati dal Vangelo, vogliono mettersi con creatività al servizio della compagine ecclesiale proiettata verso gli scenari attuali dell’umanità. Ne ho potuto fare esperienza diretta in occasione della tavola rotonda su: “Come essere Chiesa oggi? Possibili percorsi nel cambiamento d’epoca”, il 7 febbraio scorso presso l’Accademia Alfonsiana a Roma. Più che un dibattito intellettuale, è stata una condivisione appassionata e a più voci di testimoni e protagonisti della comunità ecclesiale. Molteplici le piste tracciate, nelle quali si sentiva riverberare l’invito di papa Francesco a essere Chiesa in ascolto, in cammino insieme.
«La Chiesa ha parlato molto delle donne, ma meno con le donne, e meno ancora insieme alle donne», ha osservato Marta Rodriguez, responsabile Sezione Donna del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, appartenente al Movimento Regnum Christi. Ha quindi indicato due prospettive emerse dall’impegno d’ascolto con cui ha iniziato il suo servizio: la necessità di una nuova alleanza uomo e donna all’interno della Chiesa e di una conversione educativa che permetta di accogliere l’altro/altra con la sua specificità sessuata, capaci concretamente di affrontare le questioni dell’identità maschile e femminile, del significato del corpo, che tanto interpellano oggi i giovani ma pure gli adulti e i consacrati.
Jesús Morán, co-presidente dei Focolari, ha ripercorso l’idea ispiratrice della rivista e della chiamata di Chiara Lubich, centrata nel testamento di Gesù, «che tutti siano uno», grazie ad un carisma in cui «intelligenza, amore e sequela sono inseparabili». Di qui «la passione ardente» per formare un tessuto unico delle varie componenti del mondo cristiano e mostrare come è la Chiesa quando Cristo, il Risorto, si manifesta vivo in mezzo ai suoi. Occorre – ha detto Morán – «tornare ai racconti originari del Vangelo, tornare al luogo inaugurale dove nasce la vita e la fede» e dar vita a una «pastorale della gestazione». Ma questo esige svuotarsi, essere poveri come ha fatto Gesù, annientarsi con Lui per amore, per avere cura e generare nuovi rapporti di ascolto, di solidarietà, di accoglienza tra le persone.
Due esempi concreti di questo atteggiamento sono venuti dalla vicepresidente dell’Azione Cattolica per il Settore adulti, Maria Grazia Vergari, e dal vescovo ausiliare di Roma ovest, mons. Paolo Selvadagi. Maria Grazia Vergari ha illustrato quattro processi in cui è impegnato l’Azione Cattolica italiana, ripensando il ruolo delle comunità locali e dei laici nella Chiesa. Non è più il tempo di progetti calati dall’alto – ha detto – ma è il territorio con la sua gente a dover individuare le priorità; occorre aprirsi concretamente all’amore di Dio nell’incontro con l’altro, anche quando è faticoso. Magna carta di questo lavoro dal basso è l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium. Tra i punti d’attenzione: la ricerca di linguaggi nuovi, una formazione in cui si impara facendo, la presenza nello spazio pubblico per una politica con la P maiuscola.
Il vescovo Selvadagi ha tratteggiato un quadro realistico e, per qualcuno, inaspettato della diocesi di Roma e dei “romani”. La città, come anche la diocesi, non si identifica con il centro storico e, nel suo insieme, ha ben poco di “centro mondiale della cristianità”. Così com’è oggi, ha le radici in processi iniziati oltre cinquanta anni fa, con l’espandersi disordinato e in tanti casi spontaneo delle borgate romane e poi dei nuovi quartieri nei quali vive il 90% degli abitanti di Roma. Una popolazione frutto di immigrazione interna, che non si è mai veramente amalgamata. Non meraviglia che, nel venire meno dei legami familiari e culturali, la città sia oggi scristianizzata, e ora fa i conti con l’immigrazione non italiana. Di qui la scelta della Chiesa locale romana di «un nuovo annuncio della prospettiva cristiana di vita». La forma e lo stile vuole essere quella di un cammino sinodale, in cui diocesi e parrocchie, attraverso «piccole comunità cristiane», diventano evangelizzatrici, per una Chiesa povera per i poveri.
«Una parola forte per questi scenari inediti» l’ha voluto portare infine, dando voce ai carismi e alla vita consacrata, il p. Andrea Wodka, religioso redentorista, presidente dell’Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e facoltà ecclesiastiche (AVEPRO). Attraverso i carismi – ha ricordato – lo Spirito suscita un continuo ri-orientamento della storia dell’umanità e fa sì che «ci risvegliamo nelle mani di un Dio che è Padre», amati oltre ogni immaginazione. Come particolari effusioni dello Spirito sono veri doni della «fantasia della misericordia» del Padre per ogni piaga umana. Da qui la possibilità di riscoprirsi famiglia e sperimentare rinnovati legami di comunione, di fraternità e di fedeltà al Vangelo.
Alla fine di due ore in cui è venuto mai meno un intenso ascolto, veniva da dire che la rivista Ekklesía, più che aver iniziato le pubblicazioni, ha aperto un cantiere che potrà favorire la partecipazione, la comunione e la creatività di tutti nei nuovi percorsi della comunità ecclesiale.