Egitto, non solo violenze
Gli scontri a matrice religiosa continuano ad insanguinare il Paese. Ma qualcosa sta iniziando a muoversi, come ci racconta il nostro corrispondente.
Non accenna ancora a placarsi la situazione in Egitto, dove – al di là del comune sentirsi egiziani, che ha unito i cittadini di ogni fede e provenienza all’alba della rivoluzione – gli scontri a matrice religiosa continuano ad avere grande eco mediatica: il fatto più grave accaduto recentemente è stato l’incendio di una chiesa a Helwan, nelle vicinanze del Cairo. Anche se, come precisa il nostro corrispondente dalla capitale egiziana, non è corretto attribuirvi un’origine esclusivamente religiosa: «Tutto era iniziato con la storia d’amore tra una ragazza musulmana e un giovane cristiano – racconta – ma le due famiglie si erano riconciliate». Peccato che non sia stato possibile riscrivere un Romeo e Giulietta a lieto fine: un cugino di lei ha ammazzato il padre della ragazza proprio per questo motivo, e per vendetta è stato ucciso lui stesso. «E così – prosegue – ed è accaduto quello che sappiamo ». La situazione di incertezza generale, inoltre, non aiuta certo a mantenere l’ordine: «Siamo in una fase di transizione: c’è tanta confusione nel Paese, furti, violenze, poca presenza della polizia. C’è tanta tensione, e le scuole sono chiuse in tutto l’Alto Egitto».
Non è soltanto il disordine generale, però, a fomentare le violenze: «All’origine degli scontri tra musulmani e copti ci sono vari elementi: innanzitutto la frustrazione per essere trattati da sempre come cittadini di seconda classe; l’attentato del primo gennaio, in cui si dice fossero coinvolti anche i servizi segreti; l’assassinio del sacerdote ad Assiut; l’attacco a tre conventi nel deserto da parte dell’esercito per demolire i muri di difesa ritenuti abusivi; e da ultimo la chiesa distrutta a sud del Cairo. Ma tante volte, in realtà, i disordini partono da questioni personali».
Tuttavia, qualcosa sta iniziando a muoversi: «I copti sono scesi in strada: da quattro giorni manifestano davanti alla sede della televisione nazionale, e fanno sentire la loro voce. Prima potevano farlo solo all’interno o davanti alla cattedrale di San Marco, perché la polizia non permetteva nessun tipo di manifestazione. Però adesso si teme che gruppi salafiti o criminali possano attaccarli».
Anche parte della popolazione musulmana non sta lasciando del tutto soli i propri concittadini cristiani: «L’imam di Al Azhar – riferisce il nostro corrispondente – ha condannato con forza la distruzione della chiesa, e le forze armate hanno promesso che la chiesa data alle fiamme verrà ricostruita». Inoltre nella capitale si terrà oggi una manifestazione per la non discriminazione religiosa, e per condannare la distruzione della chiesa. Secondo l’agenzia nazionale Mena, si uniranno a loro anche esponenti di alcuni partiti politici.