Egitto, i programmi dei candidati
L’Egitto è ormai in clima pre-elettorale e a conferma di questo Abdel Fattah Al-Sisi, ex capo delle Forze armate, è apparso in televisione rilasciando una intervista in due puntate. Il militare, che è considerato il super-favorito per la tornata elettorale che potrebbe ridare stabilità al Paese, si è presentato in abiti borghesi, come candidato laico. «Sono un egiziano musulmano», ha esordito Al-Sisi. Questo accento sull’aspetto religioso è importante, confermato anche dalla sua campagna pubblicitaria che comprende sue foto mentre piange nel corso della preghiera. Al contempo Al-Sisi, nel corso del suo intervento televisivo, ha affermato che intende «eliminare dal Paese i Fratelli musulmani», aggiungendo che, durante il suo mandato presidenziale – se eletto – «non ci sarà nulla col nome di Fratelli musulmani».
L’ormai ex-militare ha assicurato che le priorità della sua eventuale presidenza saranno la sicurezza e la stabilità e che non accrescerà l'influenza dell'esercito nella società e nella politica, aggiungendo che egli non è il candidato dell'esercito. Al-Sisi gode delle simpatia di una parte della popolazione che apprezza in lui l’uomo forte che potrebbe riportare stabilità politica ed economica in Egitto. A fronte di questo, molti lo accusano di voler soffocare le libertà democratiche e qualunque dissenso. A questo riguardo il candidato ha ammesso di voler governare con fermezza, seppur aperto a proposte ed anche a critiche, ma pronto a far di tutto per scongiurare attacchi frontali fra gruppi, che indeboliscano ulteriormente il Paese.
La seconda parte dell’intervista si è incentrata su altri punti, in particolare il progetto per una ripresa economica dell’Egitto. Esso prevede il tentativo di proiettare il Paese fuori del ciclo della povertà, ridisegnando l’amministrazione della nazione in quello che ha definito il «corridoio dello sviluppo». Si spera di poter procedere ad una nuova divisione amministrativa dei governatorati per assicurare le infrastrutture necessarie alla ripresa della produzione agricola. Il progetto prevede anche l’individuazione di centri turistici (26 città che fungerebbero da hub) e punti di produzione mineraria (22 città). Per realizzare questi progetti si tratta di contare su finanziamenti provenienti dall’estero, sia da parte di egiziani che lavorano altrove che di aziende straniere. Il possibile futuro presidente ha usato più volte l’immagine del «salto» dell’Egitto fuori della crisi. «Non è sufficiente camminare o correre – ha ripetuto –, è necessario saltare».
Per quanto riguarda la politica internazionale, Al-Sisi non ha potuto evitare il nodo-Israele, dicendosi pronto al rispetto dei trattati di pace e ad una visita di Stato a Tel Aviv.
Nel corso dell’intervista si è tornati ancora, poi, sugli eventi del 30 giugno 2013. A questo proposito, il candidato ex-militare ha sottolineato come inizialmente non ci fosse alcuna intenzione di arrivare alla deposizione di Morsi. L’esercito aveva preparato per il 3 luglio un documento che avrebbe portato a un referendum. L’intervento, secondo Al-Sisi, si è però reso necessario dopo che Morsi aveva rifiutato la proposta.
Nel frattempo, anche l’altro candidato presidenziale, Hamdeen Sabbahi, ha offerto una proposta concreta, anche se con meno visibilità, nella giornata di martedì. Nel corso di un intervento ha individuato nella corruzione la causa principale della povertà e della disoccupazione. «Si tratta – ha affermato – di affrontare e risolvere questo problema», sottolineando che è pronto ad accogliere proposte ed inizative concrete per affrontare la questione, che ritiene prioritaria. Sabbahi ha accolto l’inziativa lanciata da 46 organizzazioni, attive nel campo dei diritti umani, che hanno fatto richiesta formale ai due candidati alla presidenza di includere nei rispettivi manifesti meccanismi e metodi per applicare la Convenzione anticorruzione delle Nazioni Unite.
C’è da tener presente, inoltre, la scena internazionale. L'esercito è il più potente ed organizzato del continente africano e, insieme ad Israele, uno dei due eserciti ad aver ricevuto più aiuti militari dagli Stati Uniti. Al-Sisi stesso è il primo capo delle forze armate ad aver avuto un training militare nell’Us Army War College. Inoltre, ha lavorato in rapporto stretto con l’Arabia Saudita, in quanto addetto militare egiziano a Riad. Tutto questo sembra risultare un ulteriore vantaggio per l’ex-generale.
Nel clima pre-elettorale, è intervenuto anche il patriarca copto ortodosso Tawadros II che ha escluso in maniera esplicita qualsiasi scelta di campo ufficiale della sua Chiesa a favore di uno dei due candidati. «Io chiedo a ogni cittadino, cristiano o musulmano – ha dichiarato Tawadros in un'intervista pubblicata sul settimanale cattolico egiziano Hamel el-Resale – di leggere il programma elettorale di ogni candidato e di scegliere chi vuole come presidente».
Un particolare importante, chiarito nel corso della stessa intervista, riguarda l’appoggio dato dalla Chiesa copta agli avvenimenti che hanno portato al nuovo corso politico a partire dal luglio 2013. Il patriarca copto ortodosso ha voluto ribadire il carattere «istituzionale e non politico» del sostegno esplicito espresso dalla Chiesa copta al programma di transizione che ha portato alla rimozione del presidente Mohamed Morsi, alla promulgazione della nuova Costituzione e alle elezioni presidenziali.