Egitto ed Etiopia, si lavora all’accordo sull’acqua
Nei giorni scorsi l’Etiopia ha annunciato di aver avviato un secondo ciclo di negoziati con l’Egitto e il Sudan sulla controversa mega-diga costruita da Addis Abeba sul Nilo, da tempo fonte di attrito tra i tre Paesi.
Il ministero degli Esteri etiope ha scritto su X, un tempo noto come Twitter, che i tre Paesi hanno aperto un secondo ciclo di negoziati. «L’Etiopia è impegnata a raggiungere una soluzione negoziata e amichevole attraverso il processo trilaterale in corso», ha dichiarato Addis Abeba.
La massiccia diga, costata 4,2 miliardi di dollari, è considerata cruciale dall’Etiopia, ed è stata il punto focale delle dispute regionali fin da quando l’Etiopia ne ha avviato la costruzione nel 2011.
L’Egitto teme che la diga possa ridurre l’afflusso di acqua del Nilo. Da anni ai ferri corti sulla questione, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il primo ministro etiope Abiy Ahmed hanno concordato a luglio di finalizzare un accordo entro quattro mesi, riprendendo poi i colloqui ad agosto.
Abiy ha fatto questo annuncio del completamento del quarto e ultimo riempimento della Grande Diga tramite un messaggio sulla piattaforma di socialmedia X. Nella sua dichiarazione, ha riconosciuto le numerose sfide affrontate durante la costruzione della diga, tra cui difficoltà interne e pressioni esterne. Ha espresso gratitudine per lo sforzo collettivo e la guida divina che hanno permesso di raggiungere questo stadio.
L’Etiopia, i cui altipiani forniscono oltre l’85% dell’acqua che confluisce nel Nilo, sostiene da tempo di avere diritto, in base al diritto internazionale, di gestire le risorse all’interno dei propri confini per il proprio sviluppo nazionale. Il Paese considera il “Nilo come un dono di Dio” dato agli etiopi perché lo usino per il loro sviluppo.
L’Egitto, che dipende dal Nilo per oltre il 90% dell’acqua dolce, ha sostenuto che la diga etiope rappresenta una minaccia alla sua sicurezza idrica e alla sua stessa esistenza come popolo.
La decisione di Addis Abeba di iniziare la costruzione della diga sul Nilo Azzurro nel 2011 ha esacerbato un rapporto già deteriorato tra l’Etiopia e i suoi due vicini a valle, Egitto e Sudan, per l’accesso alle acque del Nilo. Dopo che gli sforzi diplomatici dell’Egitto non sono riusciti a fermare la costruzione, il Cairo ha riorientato le sue energie per garantire un accordo giuridicamente vincolante per il riempimento e la gestione della diga.
Ma non è mai stato raggiunto un accordo reciprocamente accettabile per il riempimento e il funzionamento della diga.
Nell’agosto 2020, Addis Abeba ha iniziato a riempire il bacino della diga. Il processo si è ripetuto nel 2021 e nel 2022.
All’inizio del 2023, il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha annunciato che il Paese avrebbe ritardato il quarto riempimento fino a settembre «per alleviare le preoccupazioni delle popolazioni vicine».
Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, in un discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha affermato che il Cairo vuole un “accordo vincolante” sul riempimento e sul funzionamento della diga.
«Restiamo in attesa che la nostra buona volontà venga ricambiata con un impegno da parte dell’Etiopia per arrivare a un accordo che salvaguardi gli interessi di Egitto, Sudan ed Etiopia», ha detto Shoukry. «Sarebbe un errore pensare di poter accettare il fatto compiuto quando si tratta della vita stessa di oltre 100 milioni di cittadini egiziani».
La diga è al centro dei piani di sviluppo dell’Etiopia e nel febbraio 2022 Addis Abeba ha annunciato che ha iniziato a generare elettricità per la prima volta. A pieno regime, l’enorme diga idroelettrica – lunga 1,8 chilometri e alta 145 metri – potrebbe generare più di 5 mila megawatt.
Ciò raddoppierebbe l’attuale produzione di elettricità dell’Etiopia, alla quale ha accesso oggi solo la metà dei 120 milioni di abitanti del Paese.
La posizione del Sudan, attualmente impantanato in una guerra civile, è stata oscillante negli ultimi anni. Secondo le Nazioni Unite, l’Egitto rischia di “rimanere senza acqua entro il 2025” e alcune zone del Sudan, dove il conflitto del Darfur è stato essenzialmente una guerra per l’accesso all’acqua, sono sempre più vulnerabili alla siccità a causa dei cambiamenti climatici.
Il ministro egiziano all’irrigazione, Hani Sewilam, aveva chiesto di porre fine alle azioni unilaterali etiopiche in questo contesto.
I negoziati in corso, ripresi dopo una pausa di quasi due anni e mezzo, fanno sperare che si possa veramente raggiungere un accordo. Un accordo che tenga conto degli interessi e delle preoccupazioni di tutti e tre i Paesi coinvolti sarebbe una buona notizia, molto gradita nella regione già teatro di numerosi conflitti.