Effetto montismo

"Come vendere un presidente": Le regole del gioco della politica mediatizzata, scritte dallo spin doctor (esperto di campagne elettorali) Joe McGinnis, nel lontano 1968, quando la contesa per la Casa Bianca si decideva già nei dibattiti televisivi. La comunicazione politica è una variabile fondamentale nella democrazia delle opinioni
monti berlusconi

Sono passati dodici mesi dalla nascita del governo Monti. Il passaggio è stato brusco: dal dibattito sull’imminente riduzione della pressione fiscale del suo predecessore, alla valanga di tasse e tagli alla spesa che hanno evitato la bancarotta all’Italia. «Siamo in guerra», ha dichiarato Monti in una delle sue esternazioni più crude. In questi fatti comunicativi c’è tutta la cifra del cambio di rotta della classe al governo. E gli italiani hanno capito: la gravità della situazione e lo spirito sobrio, ma realistico, del nuovo timoniere. Ancora oggi, dopo che il corpo sociale ha subìto la crisi economica e sta pagando il risanamento delle finanze pubbliche, il gradimento di Monti è intorno al cinquanta per cento.

Il presidente ha creato il montismo. Un fenomeno nuovo. Inedito rispetto a quanto ci aveva abituato il ventennio berlusconiano. È lui che, piaccia o meno, gli storici ricorderanno, tra l’altro, come quello che in Italia ha capito per primo come funziona la comunicazione politica nell’era della televisione e del maggioritario alla pollaia, divenendo il format della politica in Italia, del centrodestra e dei suoi oppositori e detrattori. Il berlusconismo e il montismo: due modelli, due interpretazioni, due spartiti sulla stessa scena mediatica.

Il primo ha in-seguito il modello "carismatico", costituendo la sua autorità utilizzando codici binari, amplificata dalla ragione tecnologica, nella quale il personale e la soggettività assumono un aspetto centrale nella comunicazione. Le emozioni apertamente pubbliche e ostentate, multiformi e cangianti, che elaborano e contrappongono grammatiche di motivazioni sacre e profane. Le sue narrative presentano gli eventi in un quadro di necessità e salvezza: i comunisti, le tasse, i giudici, gli immigrati, i fannulloni e persino il Parlamento e la Corte Costituzionale… la lista è lunga dei pericoli additati, almeno quanto gli anni della sua centralità politica. Il bene (lui) e il male (gli altri). Una leadership costruita sul senso di assedio della sua audience e ponendosi come l’unica alternativa liberatoria.

Anche il montismo si riconosce dal modello di comunicazione politica assunto. Anche Monti si presenta come il "chiamato" dalle necessità, dalla bancarotta finanziaria e di fiducia verso le istituzioni politiche. Disposto a proseguire, se le necessità lo impongano. Lui, personalizza, proprio come vogliono le leggi della mediatizzazione politica, per questo si fregia di essere più amato dei partiti e delle loro deboli leadership. Il suo gradimento è da attribuire allo stile comunicativo "legale e razionale", sicuramente mai emotivo. Sempre rispettoso delle procedure istituzionali e del limite imposto al suo ruolo. Lui, il tecnico, non può che mostrare di sapere più degli altri, di spiegare, e di parlare semplice di cose complesse, come fa un docente alle matricole. Favorito dal governo di tutti (è nato con il voto contrario della sola Lega), il montismo ha riportato alla sfera civile lo spazio aperto della pubblica contesa. L’agenda politica ha derubricato i temi del privato del leader politico, per riprendere le questioni riguardanti l’interesse generale: risanamento, crescita, pensioni, tasse, disoccupazione, integrazione degli immigrati. Ex cathedra, certo, ma anche riconoscimento che "si poteva fare di più e meglio". Il razionale e il ragionato ha preso il posto dell’emotivo e del passionale.

L’auspicio è che il linguaggio della verità venga compreso non solo in tempi di emergenza. Alla prossima tornata elettorale, dentro lo spettacolo dei confronti mediatici, agli italiani verrà chiesto di distinguere i demagoghi, con le soluzioni facili e salvifiche, dagli statisti onesti, che non faranno dichiarazioni mirabolanti, che non ci faranno impazzire e non divertiranno quando ci spiegheranno che il tunnel da attraversare è lungo, anche se in fondo c’è una luce. Questo non sarà consolante per le imprese, le famiglie e i buoni amministratori locali, ma almeno eviteremo che qualche buon spin doctor ci "venda" un presidente-pacco. Se gli italiani sapranno scegliere così, allora ringrazieremo Monti del suo servizio civico al Paese.
 

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