Educazione ed “eccellenza”
Edgar Morin, Howard Gardner, Joseph Ratzinger: un insigne sociologo, un celebre psicologo-pedagogista, un autorevole teologo-papa. Cosa hanno in comune queste tre prestigiose figure della cultura contemporanea?
Ciò che più avvicina personalità così diverse è la loro insistenza circa la priorità da dare all’educazione. Sfida urgente, come ha ribadito pochi giorni fa Benedetto XVI nel messaggio all’Assemblea della Conferenza episcopale italiana. Ma è pure un’emergenza di carattere mondiale, come evidenziato nel Rapporto dell’Unesco presentato il mese scorso. Tanto che si avverte ormai la necessità di creare una “assise mondiale dell’educazione”, in grado di affrontare i profondi cambiamenti culturali e sociali. Obbiettivi raggiungibili attraverso una nuova qualità dell’istruzione per tutti e una maggiore attenzione alla dimensione etica dell’educazione.
Una “testa ben fatta” capace di collegare le conoscenze e dar loro un senso; centralità della persona e della comunità, del dialogo e del senso di reciprocità; l’importanza di coniugare cultura umanistica e cultura scientifica… Sono sfide complesse, dal cui esito può dipendere davvero il futuro delle giovani generazioni. Un orizzonte nuovo in cui anche molti, pur di diverso orientamento, cercano di riconoscersi, nella volontà di riappropriarsi di un comune denominatore educativo.
Così la sfera della verità, della bellezza, della morale stanno ricomparendo nella loro essenziale necessità educativa, come sottolinea lo psicologo statunitense Gardner. Valori che, soprattutto oggi, dobbiamo avere il coraggio di rimettere al centro dei nostri dibattiti e stili di vita, alla base di ogni riforma. Prima tra tutte la riforma-madre, che riguarda l’importanza cruciale della relazione educativa.
Occorre tendere insieme più in alto, coinvolgendo l’intera comunità educante, che non è solo scuola e famiglia, ma politica, economia, giustizia, arte, comunicazione… Perché, se non si avvia questo reciproco, responsabile coinvolgimento, il rischio è che troppe “lezioni” mediatiche continuino comunque a dispensare – e a imporre – la loro suadente quanto irresponsabile pedagogia del “così fan tutti” o dell’ “ognuno è libero di fare quello che vuole”. Alla faccia del vero, del bello e del buono.
Come sottolinea Beppe Severgnini, «nessuno vuol usare la televisione per fare della morale, ma cerchiamo almeno di non renderla immorale». In giro, ancora, ci sono tante vere, belle, buone “eccellenze”.