Educare con rispetto

Un compito che esige attenzione e saggezza, per insegnare a muoversi nell’incertezza, mantenendo fermi i valori

Per Jacques Maritain, il filosofo amico di papa Paolo VI, «educare significa aiutare la persona umana a diventare più umana». L’educazione è quindi un atto di aiuto rispettoso, che non impone un progetto dall’esterno, ma offre il sostegno di cui necessita l’altro per la propria realizzazione. Bruno Bettelheim, grande conoscitore dell’infanzia, ci ricorda infatti come i bambini hanno tutti lo stesso profondo bisogno, trovare “il” significato della propria vita.

La ricerca di senso definisce la condizione umana, ci rende uguali pur nelle nostre diversità.

Educare significa riconoscere questa profonda vocazione umana, alla quale nessuno può rispondere da solo, perché nessuno è autosufficiente, meno che mai il bambino, che ha bisogno di qualcuno che lo accompagni nel processo di crescita e che lo aiuti a realizzare il proprio compito esistenziale. Scrive papa Francesco: «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). Accompagna chi aiuta l’altro a compiere il suo percorso, non chi decide per l’altro e gli impone le proprie attese come meta finale» (Evangelii Gaudium, 169).

È un compito che esige rispetto, attenzione e saggezza. Qui sta la differenza fra chi è autoritario, e pretende un’obbedienza frutto della paura, e chi è autorevole, e fa appello alla libertà individuale, ottenendo ascolto perché è credibile e sa parlare alla parte migliore del nostro cuore.

Fanno crescere i figli, i genitori che non impongono un progetto di vita, ma li aiutano a scoprire i propri talenti e la propria vocazione. Fanno crescere gli alunni, gli insegnanti che non chiedono loro di ripetere quanto hanno detto, ma di pensare con la propria testa, e li aiutano a farlo. Fanno crescere i ragazzi, gli educatori che parlano con l’esempio, che incoraggiano a superare le difficoltà, che danno fiducia e responsabilità. Ogni educatore è tale se è autorevole.

 

Passato

Compito di ogni educatore è consegnare al bambino il patrimonio che la comunità considera importante. Questo fonda il senso di appartenenza, favorisce lo sviluppo dell’identità, alimenta la dimensione della cittadinanza. In una società multiculturale e pluralista come l’attuale ad ognuno è richiesto di diventare non solo cittadino della propria comunità o del proprio Stato, ma cittadino del mondo.

 

Futuro

Il compito educativo è oggi più difficile perché tutto cambia così rapidamente da rendere impossibile programmare. Si tratta di insegnare a muoversi nell’incertezza, senza scoraggiarsi, contando su alcuni punti fermi: imparare ad apprendere, pensare criticamente, appartenere a una comunità, soprattutto avere saldi valori di riferimento.

 

Presente

Collocata tra passato e futuro, l’educazione si svolge ora, e qui va garantita cura e accompagnamento. In questo senso l’educazione si configura come incontro e si sviluppa nella relazione.

 

La giusta direzione

La Gaudium et Spes ci ricorda che la cultura umanizza l’uomo e, attraverso la cultura, l’uomo umanizza la natura, la società e le relazioni con gli altri. Il fondamentale contributo che il cattolicesimo apporta all’educazione è il suo riferimento alla centralità della persona umana, per la quale propone come paradigma interpretativo la Trinità: la dimensione relazionale è costitutiva della persona e il dialogo ne è il cuore.

Il riferimento all’antropologia cristiana offre un contributo indispensabile al compito educativo. Essere educatori significa infatti assumersi la responsabilità di indicare, in forma credibile, la giusta direzione in una realtà nella quale le promesse che vengono fatte alle nuove generazioni sono all’insegna dell’individualismo competitivo, della realizzazione individuale, del successo mercantile.

La funzione degli educatori è dunque quella di raccogliere la domanda che ogni bambino e ogni adolescente pone all’adulto, dal quale ha bisogno di essere accompagnato nel proprio  percorso  di  crescita, di essere aiutato, per quanto possibile, “a fare da sé”, vedendosi riconosciuto responsabile. Mentre l’adulto deve progressivamente diminuire affinché il bambino possa crescere. E quando la relazione educativa è autentica, l’adulto sperimenta ciò che ha scritto Paul Claudel: «Colui che tu pensi di guidare, di fatto guiderà te».

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