Educare attraverso lo sport

Ute, tedesca di Augsburg, è maestra di sci: Insegnare a sciare ad un pianista o ad un sacerdote, ad un industriale o ad un avvocato, o ad una orda di bambini non fa differenza: per me è importante essere per ogni persona una chiave d’accesso allo sport, appianargli la strada attraverso le mie conoscenze . Felipe pratica nuoto agonistico nel team della Virginia Tech University: Nei nostri atenei si insegna soprattutto a sviluppare una mentalità vincente, ma nonostante la forte spinta agonistica lo sport ci aiuta a crescere ed a costruire rapporti. Christian, trentino, è campione mondiale di volo libero in deltaplano: Ogni volta che volo mi si apre lo sguardo sulle meraviglie della natura: la misera fede di cui dispongo rinvigorisce ed un sincero grazie mi sale dal cuore. Gianni è giornalista sportivo radiofonico per RadioRai: La radio può contribuire a riportare alla ragione e ai suoi antichi valori uno sport che rischia talvolta di farsi ubriacare dall’oro e dalla fama che la tv sembra assicurare. Roberto è operatore sociale sportivo a Verona: Con le rappresentative degli extracomunitari presenti nel nostro territorio abbiamo costruito ben più di un torneo di calcio: abbiamo sperimentato il dialogo tra le culture attraverso un incontro che non può e non vuole negare il conflitto, ma che fa spazio al mistero dell’altro. Maria insegna educazione fisica nella multietnica realtà scolastica del Lussemburgo: La sfida è quella di non fare emergere un miscuglio di culture, ma quella di aiutarli ad arricchirsi del bello che esiste nell’altro, di condividere anche i talenti sportivi che ognuno porta nel suo Dna. Alois, austriaco, è docente universitario di Pedagogia dello Sport: Parlare poco e fare molto con i bambini, nello sport e nel gioco come nella vita. Con questa prospettiva lo sport può adempiere alla sua funzione educativa e formativa. Che cosa possono avere in comune tra loro figure così diverse dello sport di oggi? Li accomuna il progetto di Sportmeet, una giovane realtà internazionale del mondo dello sport: contribuire, ciascuno dal proprio ambito specifico, ad elaborare una cultura dello sport orientata alla costruzione della fraternità universale. Per questo si sono dati appuntamento a Vienna, a metà settembre per un convegno internazionale (17 le nazioni presenti) sul tema Educarsi ed educare attraverso lo sport. L’Unione europea ha promosso il 2004 ad Anno europeo dell’educazione attraverso lo sport, ritenendolo, si legge nei documenti comunitari, compo- capace di trasmettere tutte le regole fondamentali della vita sociale e portatore di valori educativi fondamentali quali tolleranza, spirito di squadra, lealtà. Lo sport educa? Ma di fronte alle contraddizioni dello sport di oggi si può davvero concedere ad esso un simile credito? Come altre attività umane lo sport è poliforme ed ambivalente – ha ammesso Paolo Crepaz, medico dello sport e coordinatore di Sportmeet, nella relazione di apertura -: è liberazione di energie psicofisiche latenti, ma anche asservimento agli idoli del prestigio e del guadagno; è dono di sé, ma anche occasione di egoismo e di sopraffazione; è luogo di incontro, ma anche di scontro. Lo sport è espressione emblematica, fine e forte, della corporeità. Ma il corpo non è un oggetto, bensì un soggetto, una persona: L’uomo non è un frammento di corporeità, abitato per un momento da una scintilla spirituale. Egli è innanzi tutto spirito, persona unica e libera ed è tramite il corpo che il suo spirito si apre ad un cammino nella materia e nella storia ha scritto il cardinal Danneels di Bruxelles. Ma quando lo sport è in grado di accendere lo spirito? Quando è capace di conferire, a chi lo pratica, padronanza di sé – ha spiegato Crepaz -, dei suoi atti, meta questa sempre in divenire, e quando è capace di colorare l’azione dell’atleta di tensione morale . Concetto ribadito da Chiara Lubich nel suo indirizzo di saluto ai partecipanti: Lo sport può rivelare la dimensione essenziale dell’uomo sia come essere finito, di fronte a difficoltà e sconfitte, sia come essere chiamato all’infinito, capace di superare i propri limiti. Ma chi sa educare in questo modo? Come occorre la primavera perché un giardino fiorisca – ha concluso la Lubich -, allo stesso modo è necessario quel calore che nasce dall’amore per far germogliare le verità che sono insite nell’uomo, in un’atmosfera di amore reciproco. Una inversione di tendenza Dai partecipanti si è avuta conferma che chi crede nei valori dell’uomo, anche senza legarsi a riferimenti religiosi, può condividere e sperimentare quanto possa essere educativo un sincero e profondo atteggiamento di fiducia reciproca fra chi educa e chi è educato attraverso lo sport. In questo senso, numerose riflessioni e testimonianze concrete, hanno testimoniato un’inversione di tendenza già viva e diffusa nello sport. Siegfried Komorek guida i propri allievi adolescenti dalla Germania a fare alpinismo sui 4 mila delle Alpi: Camminando verso la cima di una montagna non si guarda continuamente ad essa, lontana e faticosa da raggiungere, ma ci si muove passo dopo passo. E non ci si deve fermare, come nella vita. Nella nostra rivista – ha spiegato Ahmed Lakrout, redattore sportivo algerino, mussulmano – ci siamo imposti di usare termini come concorrente, anziché avversario. Durante le Olimpiadi abbiamo pubblicato articoli che mettessero in rilievo i migliori gesti e comportamenti di atleti delle diverse culture, religioni e razze. E siamo anche convinti che contribuendo all’emancipazione della donna attraverso lo sport, stiamo contribuendo allo sviluppo del paese. Per armonizzare ed ottimizzare gli interventi educativosportivi, ha spiegato Lucia Castelli, psicopedagogista, che opera nel settore giovanile dell’Atalanta di Bergamo, gli adulti (insegnanti, genitori, allenatori, dirigenti di società sportive, sponsor e amministratori pubblici) che si occupano della formazione dei giovani sono tutti chiamati a collaborare, ciascuno nel proprio ruolo e nel reciproco rispetto, per trasmettere messaggi coerenti e rispettosi delle persone. Progetti di sport socialmente propositivo Al di là delle testimonianze personali, il congresso ha permesso a tutti di conoscere i numerosi progetti sportivi a dimensione sociale già sviluppatisi, nei diversi conti- nenti, attorno o grazie a Sportmeet. Una intera squadra di calcio di ragazzini di una difficile periferia di Bogotà adottata a distanza grazie all’aiuto di un club professionistico del sud Italia; il progetto di promozione sportiva Sport Fontem, avviato al college della cittadella del Camerun dove il Movimento dei focolari è presente da tempo; Deporchicos, una mini Olimpiade con riflessi sportivo-sociali a Buenos Aires; la pianificazione della promozione sportiva come strumento di riscatto sociale nella regione di São Paulo in Brasile ed in particolare a Jardim Margarida; il progetto scolastico Cafè con Leche, già attivo in una zona disagiata di Santo Domingo, che si svilupperà con la costruzione di un campo sportivo. Ma Sportmeet ha dato spazio al congresso anche ad altri progetti sportivo-sociali di valore quali InterCampus, promosso dall’Inter di Milano, o Vivas, Vivere i valori dello sport, voluto dalla tenacia di Carlo Devoti, maestro dello sport, a Piacenza, o La Grande Sfida, di Verona, evento sportivo che mette in luce la ricchezza dei diversamente abili. SPORTS4PEACE UN DADO PER LA PACE Un progetto interessante presentato a Vienna, denominato Sports4Peace, è stato realizzato proprio in Austria durante l’ultimo anno scolastico 2003-2004. Sono venuti a contatto con l’iniziativa circa 20 mila giovani di diverse scuole superiori austriache che hanno potuto sperimentare uno sport che non muove soltanto… palloni, ma uno sport che è via verso una società solidale e orientata alla pace. Guidati da sei semplici regole stampate sulle facce di un dado, espressioni di un’unica regola, la regola d’oro, presente in ogni religione fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, i ragazzi coinvolti hanno fatto sport, organizzato tornei, eventi sportivi e musicali, hanno raccolto firme per la pace olimpica. Ogni evento o gesto sportivo vissuto dopo aver lanciato il dado consentiva ai ragazzi di collezionare degli anelli olimpici. Ogni passo verso la pace, attraverso piccole o grandi azioni di comunione o di perdono, consentiva invece di conquistare degli anelli doro: obiettivo finale era raggiungere i 51 mila anelli olimpici e anelli d’oro ed avvolgere così simbolicamente la superficie dei 510 chilometri quadrati della Terra con una rete di pace. L’iniziativa ha avuto il patrocinio ed il sostegno dei massimi organismi sportivi e scolastici austriaci e di diversi campioni dello sport, tra i quali Ralf Schumacher,Hermann Mayer, Michael Walchhofer ed altri, che hanno accettato di fare da testimonial, trovando l’idea del dado particolarmente originale ed efficace. Il progetto di Sports4Peace si è rivelato particolarmente contagioso: dopo il congresso di Sportmeet si diffonderà in altre na

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