Educare al dialogo
«Un bambino, un insegnante, un libro, una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione». Sono parole di Malala Yousafzai, la ragazza pakistana di 16 anni che ha osato sfidare i talebani per promuovere l’istruzione nel suo Paese. Sfida pagata con un colpo di pistola alla testa che ha costretto Malala ad una lunga convalescenza alla vigilia del suo primo discorso pubblico all’assemblea delle Nazioni Unite «per dare parola a chi non ha voce». Blogger dall’età di 11 anni, Malala è convinta che «se ai giovani non si mettono in mano le penne, i terroristi daranno loro le armi». La cultura della vita contrapposta alla cultura della morte perché l’educazione autentica è sempre formazione umana completa della persona nella sua interezza.
Lo sanno bene le 210 mila scuole cattoliche sparse per 5 continenti per un totale di 58 milioni di studenti in un mondo in cui l’accesso all’educazione è fragile nel 75 per cento dei Paesi poveri dove anche dopo due o tre anni di lezione gli studenti non sanno ancora né leggere, né scrivere. Le scuole cattoliche sono spesso all’avanguardia in territori dove la mescolanza delle culture e delle religioni è la normalità della vita vissuta: in India, in Bosnia, in Taiwan la grande maggioranza degli studenti iscritti in scuole e università cattoliche non sono cattolici. Sorge allora spontanea dalla realtà quotidiana la domanda: come educare al dialogo interculturale? Non solo in Africa, Asia, America ma anche nel Vecchio Continente inondato da immigrati che in alcune scuole del Paese raggiungono percentuali a due cifre. La realtà del multiculturalismo e della multireligiosità è pane quotidiano anche da noi.
Per questo motivo, e per la prima volta, la Congregazione per l’educazione cattolica, con una lunga ricerca, cominciata nel 2008, ha pubblicato un nuovo documento dal titolo Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica. Vivere insieme per una civiltà dell’amore. «La parola chiave ‒ dice il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, ‒ è dialogo che non significa indebolire la propria identità e la propria missione per l’evangelizzazione». Il documento cerca di dare dei solidi fondamenti evangelici, teologici e filosofici alla pratica del dialogo interculturale. «Naturalmente ‒ ha spiegato l’arcivescovo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, ‒ il multiculturalismo e il pluralismo religioso hanno consistenze diverse, a seconda della storia e della geografia in cui si trova ciascuna scuola cattolica. Le proposte pervenute dall’Africa, dall’Amazzonia, dal Perù comprendono una dimensione di aiuto allo sviluppo. In Bosnia un progetto di scuola “interetnica” si è diffuso in tutto il Paese e interessa circa 9 mila studenti. In Medio Oriente 45 scuola cattoliche tessono relazioni di rispetto e amicizia senza lasciarsi scoraggiare dalle bombe e dalla violenza».
L’educazione fa da collante sociale in aree dove la convivenza tra culture diverse assume forme conflittuali e «porta ‒ chiosa il docente Italo Fiorin ‒ un contributo essenziale alla formazione di “nuovi” cittadini, capaci non solo di convivere nella diversità, ma di costruire insieme un mondo migliore». Il documento si articola in cinque capitoli: il contesto, i diversi approcci al pluralismo delle culture, i fondamenti dell’intercultura, l’educazione e il contributo della scuola cattolica.
Il concetto di cultura è più ampio di quello di religione che s’incarna nella vita sociale e s’incultura in un determinato contesto in cui il dialogo è possibile quando si ricerca lo sviluppo integrale della persona. «Il dialogo interreligioso ‒ spiega Italo Fiorin ‒ è inteso non come compromesso al ribasso, ma come colloquio, come rapporto costruttivo, come approfondimento di reciproca conoscenza, come testimonianza reciproca, come rispetto, come ricerca del patrimonio dei valori etici comuni presenti nelle diverse tradizioni religiose in vista del bene comune». Il dialogo, inoltre, è l’unica strada praticabile, l’unico approccio adeguato purché ci sia «un radicamento nella propria cultura, una identità forte e serena, dinamica e aperta».
Dialogo che ha fondamenti teologici nel richiamo alla natura trinitaria di Dio, nel riconoscimento, sul piano antropologico, della natura relazionale della persona umana che diventa paradigma pedagogico per lo sviluppo dell’identità stessa della persona. Per questo c’è bisogno di un accompagnamento, di una formazione al dialogo dove grande è la responsabilità della scuola luogo d’incontro tra persone, culture, religioni, valori comuni. Il contributo della scuola cattolica si muove nella direzione «di costruire una comunità educante, di promuovere una didattica finalizzata all’unità dei saperi, superando la frammentazione secondo una più ampia prospettiva di senso». Il fine è il reciproco riconoscimento delle culture, promuovendo tutte le collaborazioni possibili per realizzare una civiltà dell’amore.