EDITORIALE
Avvincente è il filo conduttore – l’oggetto formale, si potrebbe anche dire – che tesse la trama dei diversi articoli di questo numero di “Sophia”: l’uomo. Si tratta di un oggetto, che propriamente è un soggetto, colto nel più profondo del suo essere attraverso una pluralità di linguaggi, che indicano in tal modo la peculiarità della disciplina che lo sta indagando. Si ha dunque a che fare con un’unità dell’orizzonte del pensare che si riversa sull’unità dell’oggetto pensato (l’uomo) nella molteplicità dei linguaggi, espressione dell’approccio scientifico specifico di chi argomenta. La novità dell’umanesimo si invera soprattutto nel “metodo”, vale a dire nello sguardo dell’uomo sulla realtà, più che nell’esposizione di un contenuto, seppure profondo e innovativo. E questo è quanto emerge nei saggi qui riportati.
Il primo è l’esposizione che Piero Coda ha tenuto al Seminario in proposito promosso dal CELAM, in cui si presenta non solo una fondata articolazione del rapporto fra trinitaria e antropologia, ma soprattutto “dove” trovare Dio e uomo: un “luogo” coincidente, che affermi entrambi nella loro unità e distinzione, a prescindere da una semplice argomentazione analogica. A partire da alcune tappe fondamentali della riflessione teologica, da Agostino a Giovanni della Croce a Chiara Lubich, Coda individua le condizioni e gli atteggiamenti esistenziali nelle relazioni umane che non rimandano semplicemente alla vita trinitaria, ma la fanno accadere nella storia.
Il secondo articolo è la proposta che Stefano Mazzer ha presentato al Seminario teologico “Castello interiore e Castello esteriore. Per una grammatica dell’esperienza cristiana” svoltosi a Sophia il 12-13 giugno 2014. Il lemma in cui confluisce il ritmo teologico, mistico e filosofico del pensiero, e che ben esprime la dinamica antropologica di cui sopra, è, nel pregnante e innovativo linguaggio di Chiara Lubich, la “trinitizzazione”. Mazzer ne esprime il significato e le implicazioni più profonde e radicali, cercando, contemporaneamente, di non farne una formula paradigmatica definitiva e chiusa.
Ed è tale altezza del pensare le relazioni umane a risemantizzare una parola spesso usata e abusata ai giorni nostri: la fraternità. Essa, testimonia l’articolo di José Maria Souviron Morenilla, è principio politico e giuridico, un’altra modalità del “farsi carne” di quel movimento trinitario e antropologico di cui parlano i primi due articoli. Naturalmente il linguaggio è diverso, non solo per la lingua usata, lo spagnolo, ma anche per il genere letterario che vuole essere espressione del suo contenuto.
Il movimento antropologico che afferma l’essere più autentico dell’uomo va comunque sempre incontro a un processo di storicizzazione, tanto da poterlo far divenire “cultura”. Ma proprio lì dove il dinamismo dell’uomo si fa cultura, proprio in quella presunta certezza di oggettività, ci si può imbattere nel pericolo opposto: quello di una sottile e, purtroppo, sempre efficace autoreferenzialità. Ed è a questo punto che Federico Rovea introduce il pensiero provocante e le sfide che il filosofo Jacques Derrida lancia all’odierna cultura occidentale. Il suo è il desiderio di andare oltre una statica concettualizzazione della realtà, per tornare alle sorgenti del pensiero, lì dove esso è ancora capace di “contaminarsi” con l’altro da sé: farlo proprio, senza ridurlo a se stesso.
Questa dinamica antropologica trova nell’essere creato a immagine e somiglianza di Dio dell’uomo la sua condizione di possibilità. Il teologo Elie Ayroulet recupera questa nozione biblica a partire dal contributo su questo tema di uno dei più eminenti Padri della Chiesa: Massimo il Confessore. L’uomo vive il suo essere a immagine di Dio non tanto in virtù della creazione iniziale, ma in un rapporto dinamico con il suo Creatore, realizzazione e compimento della sua esistenza, grazie a un’incessante operazione divina. In questo senso, essere a immagine indica quella relazione costantemente ed eternamente finalizzata tra Dio e uomo, la quale, unica, fa sì che la creatura sia realmente se stessa. È all’interno dell’ideale filo conduttore, tracciato nei saggi precedentemente presentati, che viene riportata una ricerca, frutto della tesi di laurea magistrale di uno studente dell’Istituto Universitario Sophia: Michel Bronzwaer, Umiltà e stupore. La vita trinitaria in Agostino d’Ippona e Chiara Lubich.
Ed è tale altezza del pensare le relazioni umane a risemantizzare una parola spesso usata e abusata ai giorni nostri: la fraternità. Essa, testimonia l’articolo di José Maria Souviron Morenilla, è principio politico e giuridico, un’altra modalità del “farsi carne” di quel movimento trinitario e antropologico di cui parlano i primi due articoli. Naturalmente il linguaggio è diverso, non solo per la lingua usata, lo spagnolo, ma anche per il genere letterario che vuole essere espressione del suo contenuto.
Il movimento antropologico che afferma l’essere più autentico dell’uomo va comunque sempre incontro a un processo di storicizzazione, tanto da poterlo far divenire “cultura”. Ma proprio lì dove il dinamismo dell’uomo si fa cultura, proprio in quella presunta certezza di oggettività, ci si può imbattere nel pericolo opposto: quello di una sottile e, purtroppo, sempre efficace autoreferenzialità. Ed è a questo punto che Federico Rovea introduce il pensiero provocante e le sfide che il filosofo Jacques Derrida lancia all’odierna cultura occidentale. Il suo è il desiderio di andare oltre una statica concettualizzazione della realtà, per tornare alle sorgenti del pensiero, lì dove esso è ancora capace di “contaminarsi” con l’altro da sé: farlo proprio, senza ridurlo a se stesso.
Questa dinamica antropologica trova nell’essere creato a immagine e somiglianza di Dio dell’uomo la sua condizione di possibilità. Il teologo Elie Ayroulet recupera questa nozione biblica a partire dal contributo su questo tema di uno dei più eminenti Padri della Chiesa: Massimo il Confessore. L’uomo vive il suo essere a immagine di Dio non tanto in virtù della creazione iniziale, ma in un rapporto dinamico con il suo Creatore, realizzazione e compimento della sua esistenza, grazie a un’incessante operazione divina. In questo senso, essere a immagine indica quella relazione costantemente ed eternamente finalizzata tra Dio e uomo, la quale, unica, fa sì che la creatura sia realmente se stessa. È all’interno dell’ideale filo conduttore, tracciato nei saggi precedentemente presentati, che viene riportata una ricerca, frutto della tesi di laurea magistrale di uno studente dell’Istituto Universitario Sophia: Michel Bronzwaer, Umiltà e stupore. La vita trinitaria in Agostino d’Ippona e Chiara Lubich.
Infine, vengono presentate le recensioni di Piero Coda (teologo) e di Luca Ozzano (ricercatore di Scienza Politica dell’Università di Torino) a un recente saggio di Pasquale Ferrara: Religioni e relazioni internazionali. Atlante teopolitico (Città Nuova, 2014).