Edith Piaf: l’usignolo di Francia
Ancora oggi La vie en rose è una di quelle canzoni capaci come poche altre non solo di riassumere un’epoca, ma di raccontare la speranza sempre adolescente dell’amore. Una canzone che ha attraversato i decenni e le mode, gli stili e gli infiniti crocevia della Storia. Ebbene, la vie en rose è solo una delle tante anime di Edith Piaf, uno scricciolo di donna cresciuta cantando agli incroci di Parigi, finché qualcuno ne intuì lo straordinario talento e il carisma, e le diede il modo di risplendere.
Edith Giovanna Gassion era nata il 19 dicembre del 1915, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, in una povera famiglia parigina: il padre si guadagnava il pane come contorsionista (ma fu presto inviato al fronte), la mamma – livornese d’origine – era una cantante di strada. Una leggenda narra che la madre la partorì su un marciapiede, aiutata da un poliziotto. Miseria, vita di strada, un padre ubriacone: questa fu la sua infanzia e la sua prima adolescenza.
La piccola Edith venne cresciuta dalla nonna paterna, tenutaria di una casa di tolleranza in Normandia. Da bambina fu colpita da una grave malattia agli occhi, e la nonna la portò a Lisieux, per chiedere la grazia sulla tomba di Santa Teresina a cui Edith restò sempre devotissima. Tornata a Parigi cominciò a cantare La Marsigliese per i passanti e i turisti, e a diciassette anni ebbe una figlia che morì di meningite quando aveva appena due anni.
A vent’anni la svolta: un impresario la scopre e la lancia nel suo locale cui presto accorrono in tanti per sentirla cantare, compresa la più grande stella dell’epoca, il mitico Maurice Chevalier. Nel 1936, il suo primo disco per la Polydor: il successo è dietro l’angolo, nella Parigi occupata dai nazisti scrive il testo de La vie en rose che diverrà un vero e proprio inno della nuova Francia, e nel frattempo s’innamora di Yves Montand aprendogli la strada per la carriera.
Edith è ormai una protagonista di primo piano della scena parigina, è amica di Jean Cocteau e di molti altri giovani esponenti della nuova canzone d’autore, da Aznavour a George Moustaki, da Gilbert Becaud a Leo Ferrè. La storia con Montand finisce presto, ma intanto lei comincia a farsi un nome anche all’estero e nel corso della sua prima tournee negli Stati Uniti vengono ad applaudirla stelle come Marlene Dietrich e Orson Welles. Avvia un’intensa relazione con un pugile, il campione Marcel Cerdan: è l’amore della sua vita, ma lui morirà due anni dopo in un incidente aereo.
Minuta, ma dotata di una voce meravigliosa e di un carisma irresistibile, la Piaf non è solo una delle stelle della scena musicale del suo tempo, ma racchiude in sé tutte le nuance di una femminilità che influenzerà migliaia di colleghe in tutto il mondo, ma che resterà comunque inimitabile: romantica e struggente, fragile e determinata, moderna e sempiterna insieme, geniale e ribelle.
Il suo repertorio s’arricchisce via via di altri capolavori immortali: Milord, Hymne a l’amour, La foule, Non je ne regret rien, fino a Mon Dieu, incisa nel ’60, di fatto il suo ultimo grande successo. Nel ’52 aveva sposato il compositore Jacques Pills, ma anche quella relazione era durata poco. La sua vita privata in effetti continuava ad essere alquanto travagliata e lei aveva preso a contrastare la depressione e altri malanni fisici con la morfina e l’alcol.
Si risposerà nel ’61 con un giovane cantante, Théo Sarapo, che aveva lanciato come tanti altri in passato. Sarà probabilmente l’ultima gioia della sua vita: una broncopolmonite, cui seguirà un aneurisma devastante, se la porterà via il 10 ottobre 1963. Aveva appena 48 anni. Ma allora come oggi, la sua voce, capace di regalare brividi di straordinaria dolcezza e abissi d’inquietudine, ruggiti e sussurri, gioia di vivere e disperazione, la rende ancora oggi una delle massime icone della canzone d’ogni tempo.