Ed ora al lavoro, a Roma e a Bruxelles

I risultati della tornata elettorale europea hanno sciolto alcuni dilemmi nei singoli Paesi e nell’insieme dell’Unione, ma hanno aperto nuove sfide. Lo scenario italiano è ora più chiaro

C’è da tirare vari sospiri di sollievo dopo la tornata elettorale europea: in primo luogo perché la sfuriata antieuropeista c’è stata ma non devastante come si poteva pensare. Sì, Marine Le Pen e il suo Front National in Francia, così come Nigel Farange col suo Ukip in Gran Bretagna, sono diventati il primo partito nei rispettivi Paesi; ma in altri, come l’Olanda e l’Austria, i fronti euroscettici hanno ottenuto risultati inferiori alle aspettative. Il nuovo presidente della Commissione europea dovrebbe essere (il condizionale è d’obbligo) un euro convinto come Jean-Claude Junker (212 seggi si stima), leader dei popolari, ma dovrà scendere a patti con l’altro euro convinto. il Partito socialista di Martin Schulz (più o meno 186 seggi). In secondo luogo c’è da tirare un sospiro di sollievo per la partecipazione degli elettori alle urne che non è crollata come si pensava, anche se i dati definitivi non sono ancora disponibili. Ci sarà da verificare, comunque, la partecipazione alle votazioni dei più giovani.

Per quanto riguarda l’Italia, non si può dire che non ci siano state sorprese. In primo luogo la vittoria indiscutibile del Pd di Renzi (che aveva dichiarato di accontentarsi di una vittorietta, comunque senza conseguenze per il governo) e la sconfitta dei M5S di Grillo (che aveva fino all’ultimo dichiarato che avrebbe vinto e che avrebbe perciò preteso da Napolitano nuove elezioni immediate). In secondo luogo si evidenzia il da tanti temuto malessere della destra, con la sconfitta evidente di una Forza Italia in perdita di velocità e il quorum raggiunto per un soffio dal Nuovo Centro Destra di Alfano, mentre Fratelli d’Italia per un soffio resta fuori.

Che lezione trarre dai risultati? Che c’è bisogno di lavorare sodo, sia a Bruxelles che a Roma.

Nell’Unione europea, perché la presenza degli euroscettici o degli eurodistruttori costringerà le due forze principali presenti a Strasburgo, Ppe e Ps, a collaborare per ridare all’Unione europea una reale sostanza politica. Serve in effetti un nuovo afflato europeista, meno amministrativo e più solidale, più aperto alle diversità ma anche più coeso dal punto di vista politico, perché l’Europa possa ancora dire la sua nel consesso planetario.

Anche a Roma bisognerà lavorare sodo: ormai Matteo Renzi e la sua squadra non hanno più alibi, debbono ingranare la marcia superiore e realizzare quanto promesso finora, senza però perdere di vista l’attenzione a chi più subisce gli effetti devastanti della crisi economica. La destra e il centrodestra, da parte loro, debbono consentire la governabilità del Paese, ritrovando la chiarezza dei messaggi lanciati agli elettori. Renzi gliene ha sottratti non pochi, appropriandosene e lasciandoli in qualche modo senza atout. Non sarà facile, come non sarà agevole ascoltare e accogliere le richieste e le sfide che vengono dai penta stellati, che rimangono comunque la seconda forza politica italiana, nonostante pesino la metà del Pd di Renzi.

Torneremo su questi argomenti nel corso delle prossime giornate, sia con le analisi a livello europeo, sia con quelle a livello italiano. Resti per tutti l’auspicio di un’Europa e di un’Italia più giuste, eque e solidali: che i politici si mettano all’opera!

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