Ecuador. Schiacciante vittoria di Rafael Correa

Il presidente in carica ha ottenuto un terzo mandato con quasi il 57 per cento dei voti, con trenta punti di vantaggio sul secondo classificato. Premiata la sua gestione, che ha ridotto le disuguaglianze e ha dato al Paese un protagonismo inedito. Ma qui e là appaiono tentazioni autoritarie
Rafael Correa - Ecuador
La vittoria del presidente in carica Rafael Correa era quasi scontata e i risultati lo confermano. Correa ha ottenuto un terzo mandato di quattro anni con quasi il 57 per cento dei voti, più di 30 punti di distanza dal secondo classificato, il banchiere Guillermo Lasso, appoggiato da circa il 24 per cento delle preferenze. Ben più distante figura l’ex presidente ed ex militare Lucio Gutierrez che ha raccolto un magro risultato, uno scarso 6 per cento dei voti. Un risultato che parla da solo se si considera che alle elezioni del 2009, anticipate per varare la nuova Costituzione, Correa aveva ottenuto il 47 per cento. Gli osservatori dell’Unione delle nazioni dell’America del Sur (Unasur), che hanno seguito il processo elettorale, hanno scartato ogni possibilità di brogli.

 

Va dunque detto che non solo la sua gestione, il principale argomento della campagna elettorale, nella quale bisogna ammettere che non è emerso un programma chiaro di governo, ha convogliato la maggioranza dei consensi, ma che questa è cresciuta durante il secondo mandato e che oggi abbraccia praticamente tutti i settori sociali. E infatti i cambiamenti, in questo Paese un po' più piccolo della nostra Italia e abitato da 14 milioni e mezzo di abitanti, sono visibili. Il trasferimento di risorse che sta migliorando le condizioni di vita dei settori meno abbienti della popolazione è importante, essendosi concentrato soprattutto nella sanità e nell’istruzione. Anche l’infrastruttura civile ha avuto uno sviluppo importante con nuove vie di comunicazione, importantissime in un territorio montagnoso. Il sussidio ai trasporti e il sostegno sociale di 50 dollari mensili, che ricevono due milioni di abitanti, incidono sulla distribuzione della ricchezza che è migliorata sensibilmente in un Paese dove il reddito procapite è ancora di 4 mila euro l’anno. Ciò ha permesso a settori da sempre esclusi dalla vita pubblica di avere un nuovo protagonismo, in modo speciale le comunità indigene, attraverso la nuova Costituzione.

 

Fin dal primo mandato nel 2007 era chiaro che Correa avrebbe messo in marcia, come il suo collega Evo Morales, una serie di cambiamenti che avrebbero infastidito i privilegi di coloro che da sempre si sono beneficiati delle risorse del Paese. La revisione dei contratti con le compagnie che avevano accesso al pretrolio e alle risorse naturali ha consentito di fare giustizia e di indirizzare maggiori risorse alla spesa sociale. Si assicurava così la presenza dello Stato in aree particolarmente sensibili. L’Ecuador si è lasciato alle spalle epoche di grande instabilità, con governi che restavano in carica per un breve periodo, se non erano deposti dai militari, ed oggi Correa ha assicurato stabilità e una crescita economica che arriva fino alle tasche dei cittadini. Non è poco. In tal senso è valutata positivamente la coraggiosa revisione dell’eterno debito estero attraverso una commissione che ne studiò la composizione fino a dichiarare l'illegittimità del 39 percento di quanto dovuto.

 

Negli anni Novanta il debito estero assorbiva il 40 per cento delle entrate dello Stato. La risttrutturazione del debito permetterà di risparmiare più di sei miliardi di euro nei prossimi anni. La determinazione manifestata in politica interna ha avuto il suo corollario nei rapporti col resto del mondo. La chiusura della base militare Usa più importante della regione, quella di Manta sita proprio in Ecuador, è stato un gesto indicativo della volontà di cambiare la rotta percorsa dai governi precedenti, più obbedienti ai dettati di Washington. Va inteso in questo senso il maggiore inserimento dell’Ecuador nel processo di integrazione regionale, oggi rafforzato dalla nascita dell’Unasur e dalla Comunità di Stati dell’America Latina ed i Caraibi (Celac).

 

La politica di Rafael Correa ha comunque un lato debole. I suoi modi sbrigativi e la sua feroce polemica con la stampa, che è effettivamente mossa da interessi economici settoriali, corrono il rischio di involuzioni autoritarie. Stabilire normativamente cosa sia una “stampa decente” andrebbe lasciato alla dinamica democratica di una società, pur con i rischi che questo comporta. Spesso l’iniziale apertura nei riguardi della società civile si è trasformata nel tentativo di cooptazione di questo settore, il che si traduce in una implicita censura nei confronti delle organizzazioni che manifestano critiche nei confronti del governo centrale. La qualità di vita, infatti, e lo sviluppo di un Paese non dipende solo da una migliore distribuzione delle ricchezze. A lungo termine, dipende anche dalla qualità della vita democratica.

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