In Ecuador la maggioranza vince ma perde colpi
Dopo il ritardo nello scrutinio dei voti che ha suscitato sospetti e critiche, le autoritá elettorali dell’Ecuador hanno confermato che il prossimo 2 aprile si dovrá disputare il ballottaggio per eleggere il nuovo presidente della repubblica.
Domenica scorsa 12 milioni di ecuadoriani sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente (il mandato di Rafael Correa scade a maggio), i 137 membri del parlamento unicamerale, 5 membri del parlamento andino e rispondere al referendum sulla proibizione per i funzionari pubblici di aprire conti bancari presso i paradisi fiscali.
Lenin Moreno, ex vicepresidente di Correa e candidato di Alianza País (Ap), il partito di maggioranza al governo da dieci anni, ha ottenuto il 39,33% dei voti. Il suo avversario diretto sará Guillermo Lasso, ex banchiere ed ex ministro alla fine degli anni ’90, del Movimento Creo-Suma che ha raccolto il 28,1% delle preferenze. Cynthia Viteri, del partito socialcristiano, é arrivata terza, col 16,3% dei voti ed ha giá annunciato il suo appoggio a Lasso.
Dunque, la maggioranza ha superato il primo turno, ma non brillantemente. Nelle ultime elezioni, Correa ottenne il 57% vincendo al primo turno e precedentemente aveva vinto il ballotagge col 55% dei voti. Per evitare il ballotaggio era necessario il 50% dei voti o il 40% con un vantaggio di 10 punti sul secondo classificato. Sebbene Moreno abbia ottenuto un vantaggio di 11 punti ed é mancato un pugno di voti per vincere completamente, non puó sfuggire a nessuno che l’opposizione sfiora la metá dei voti nel suo insieme.
I risultati in parlamento, confermano uno scenario politicamente complesso in vista del 2 aprile. In parlamento Ap mantiene la maggioranza con 74 seggi, ma ne ha persi piú o meno 26 (il conteggio é parziale) a favore dell’opposizione che quasi raddoppia la sua presenza con 63 seggi, anche se ripartiti tra i vari gruppi.
Gli analisti considerano che si é avvertito l’impatto degli scandali per corruzione i cui effetti hanno raggiunto figure vicine al presidente Correa, unitamente al freno dell’economia in recessione che ha sofferto i contraccolpi della caduta del prezzo del petrolio, di cui l’Ecuador é esportatore, oltre all’effetto del terremoto che lo scorso anno ha sconvolto parte della costa Nord, con forte vocazione turistica.
È possibile, poi, che lo stile polemico di Correa abbia logorato una gestione che ha polarizzato l’opinione pubblica, pur se va ammesso che, da una parte, le politiche sociali hanno permesso di ridurre la povertá e migliorare i livelli di sperequazione sociale. Tale processo si é scontrato con la poca disponibilitá dei settori economici che hanno dovuto rinunciare ai benefici ed i privilegi loro concessi dal precedente modello neoliberista.
Moreno si presenta con una immagine piú aperta al dialogo. Correa, che ha rinunciato a canditarsi ad un terzo mandato, aveva programmato lasciare l’Ecuador alla fine del suo mandato per recarsi alcuni anni in Belgio (Paese originario di sua moglie). Le mutate circostanze politiche possono modificare i suoi piani. Nel caso di una vittoria dell’opposizione il 2 aprile, si é detto disposto a tornare in patria per evitare di perdere le conquiste ottenute.
Bisognerá attendere poco piú di un mese per verificare se in Sudamerica si conferma il cambio di ciclo politico, dopo l’inversione di tendenza politica in Argentina e Brasile, la drammatica crisi del (sedicente) socialismo in Venezuela, le difficoltá in cui annaspa il centrosinistra in Cile in vista delle elezioni presidenziali di novembre, e la conferma della tendenza liberista in Colombia e Perú.