Ecco l’uomo!

In che stato l’hanno ridotto…Questo è il suo corpo offerto per noi. Questo è il suo sangue offerto per noi.

Questo… Quale, «questo»?

La carne tumefatta dal crocifisso. Dio non ha trovato di meglio che donarsi agli uomini…! Niente di più vero che il Verbo fatto carne. Dio, sicuramente, avrebbe potuto salvarci con un buffetto, per pura grazia. La salvezza senza dolore.

Ma la sua umanità sarebbe stata credibile senza l’offerta del suo corpo fino alla morte? La sua morte sulla Croce manifesta che egli non ha barato con l’umanità scappando dalle sofferenze che ogni uomo porta nella sua carne e dall’ineluttabilità della morte.

«Completo nella mia carne ciò che manca alle sofferenze di Cristo», scrive san Paolo. Niente manca a Dio, evidentemente, se non la nostra libera partecipazione alla sua Passione. La fede ci propone di offrire le nostre sofferenze nello spirito in cui Cristo ha offerto le proprie. Non che la sofferenza abbia valore in sé. Non può essere un fine, perché è un male, uno scandalo, e anche un motivo di rivolta nel caso in cui un dio buono lasci che il male ci faccia male. Abbiamo di meglio da offrire a Dio: ciò che gli è gradito è l’amore con il quale ci battiamo per far trionfarle forze della vita su quelle del male.

In questo Venerdì santo la nostra preghiera non avrebbe alcun significato cristiano se, impietositi da Gesù sulla Croce, non prendessimo la sofferenza di tanti sconosciuti della Terra su di noi. È un modo per rendere la sua passione viva perché, lo sappiamo, ogni uomo battuto, è Dio abbattuto.

Uomo denudato, Cristo spogliato, Dio sfigurato.

Uomo schiaffeggiato, Cristo flagellato, Dio afflitto.

Uomo maltrattato, Cristo frustato, Dio crocifisso.

Uomo umiliato, Cristo oltraggiato, Dio abbandonato.

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