E’ venuto per tutti
Era, come si dice, un bravo ragazzo. Sin da bambino frequentava la parrocchia, era stato un lupetto e poi, da grande, uno scout. Dalla mamma aveva imparato a pregare e qualche volta gli era sembrato che un Altro lo stesse ascoltando. Con l’adolescenza, però, erano anche arrivate le domande. Alla lettura di Sartre e di Camus un dubbio insidioso si era fatto strada nel suo spirito e, più ancora, nel suo cuore: Dio o l’assurdo? L’Essere o il Nulla?. Nessuno era in grado di rispondere al suo quesito, finché un giorno, nel silenzio di un monastero, Dio stesso parlò al suo cuore e lo convinse della sua presenza e del suo amore. Ma come fare, una volta ritornato in città, per poterlo ancora incontrare e vivere sempre con lui all’università, in famiglia, al lavoro? Poco dopo, una nuova risposta, un altro giorno di grazia: in un piccolo appartamento della periferia di Bruxelles, la sua città, l’incontro con tre studenti che avevano deciso di amarsi per Cristo e come Cristo li aveva amati. Una gioia insolita lo invade durante la cena presa insieme, un desiderio di non lasciarli mai; poi, sulla strada di ritorno a casa, una convinzione intima: Sì, era lui, era lì in mezzo a loro, non ardeva forse il mio cuore?. È l’Eureka, la soluzione, la Buona novella: l’Emmanuele-Dio con noi. Il Risorto bambino La storia vera di questo bravo ragazzo che ero è simile a quella di migliaia di persone che un bel giorno hanno avuto in dono di avvertire la presenza del Risorto tra gli uomini. Molti hanno fatto questa esperienza insolita, venendo a contatto con il Movimento dei focolari, con i suoi centri e le sue attività, con i suoi libri e i suoi giornali. Vivere in modo tale che il Risorto possa davvero stabilire la sua dimora tra gli uomini è infatti uno dei tratti caratteristici della mistica originale che i Focolari offrono alla chiesa. Le condizioni di una tale coabitazione, il segreto di una tale compagnia? È presto svelato: occorre amarsi gli uni gli altri come Gesù ci ha amati. Mettere realmente e insieme ad altri l’amore cristiano a base della propria vita di famiglia, della vita sociale, civile o ecclesiale, non è ovviamente un impegno da poco, ma il gioco ne vale la candela e i benefici sono alla misura dei sacrifici richiesti, anzi maggiori. L’infinito si fa uomo Natale. Dio, l’Infinito, si fa uomo, uno di noi. Il Padre manda il Figlio nel mondo, il Verbo si fa carne, piccolo bambino nato da donna. Notte incomparabile, evento inconcepibile, mistero insondabile. Più di ogni altra, questa umile nascita rivela l’immensità dell’amore di Dio per l’uomo, dell’amore che è Dio. Se la Santissima Trinità ha spalancato i suoi battenti per lasciare che il Verbo si facesse uomo per noi, siamo dei pazzi se non crediamo all’amore di Dio per ciascuno, scrive Chiara Lubich. Dio ha voluto stabilire la sua dimora fra noi e non era di certo per un tempo o per un momento soltanto. È venuto fra noi, uomini – il Vangelo ci chiama i suoi – perché da sempre ne aveva il desiderio e il progetto; ma i suoi non l’hanno accolto. Nascituro, gli è stato rifiutato un posto in albergo; adulto, è stato espulso dalla città santa e nel modo più vergognoso. Colmo di ingratitudine e di disprezzo. Eppure niente e nessuno poteva fermare l’amore: il crocifisso ha vinto e l’odio e la morte: è risorto. È con noi e rimane con noi tutti giorni fino alla fine dei tempi. Possiamo vivere alla sua presenza se lo vogliamo; se, come Maria, gli facciamo spazio e lo lasciamo entrare nella nostra intimità. Vuole e può vivere in noi e, meglio ancora, fra noi, come ci insegna in modo originale, nuovo e incisivo la spiritualità dell’unità. Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. In mezzo a loro – scrive ancora la Lubich -, esattamente come duemila anni fa in mezzo a Maria e Giuseppe. Solo che la sua presenza, pur reale, è spirituale. Gesù non ama rimanere nei tabernacoli soltanto. Il suo desiderio è di stare fra gli uomini e condividere con loro i pensieri, i progetti, le preoccupazioni, le gioie… Anche per questo è venuto sulla terra: per darci la possibilità di averlo fra noi sempre, a portare il calore, la speranza, la luce, la concordia che ogni Natale reca con sé. A certe condizioni Bisogna tuttavia realizzare le condizioni richieste perché lui – il Dio fra gli uomini – possa realmente essere presente e agire come tale al cuore di tutte le forme di vita sociale, private o pubbliche: famiglie e imprese, ospedali e università, parrocchie e parlamenti. Queste condizioni si riassumono nel fatto di unirsi realmente nel suo nome e cioè in lui e per lui, rimanendo nel suo amore, nell’amore del prossimo e nell’amore reciproco che egli comanda e si può dire implora ovunque. In questa prospettiva, Natale non è soltanto la festa di un istante, il ricordo di un evento del passato o anche la celebrazione religiosa di uno dei più grandi misteri della fede cristiana. Natale diventa l’irruzione quotidiana del Dio fatto uomo in mezzo agli uomini e, dove egli passa, non lascia le cose come sono. La sua presenza trasforma ogni cosa e rinnova la vita dei singoli e dei gruppi secondo quella legge del Cielo che è la legge dell’amore iscritta nel cuore di ogni uomo. Per questo, dice ancora Chiara Lubich, Natale non è per me solo una ricorrenza, pur piena di significato. È sprone a lavorare per rimettere in mezzo alla società in cui vivo la presenza di Cristo, che è la dove due o più sono uniti nel suo nome: quasi Natale spirituale d’ogni giorno, nelle case, nelle fabbriche, nelle scuole, nei pubblici edifici… Questo giorno natalizio, inoltre, mi apre il cuore su tutta l’umanità. Il suo calore supera il mondo cristiano e sembra invadere ogni terra, segno che quel Bambino è venuto per tutti. È infatti questo il suo programma: che tutti siano uno. E ad ogni Natale poi mi domando: Quanti Natali vedrò ancora nella mia vita?. Questo interrogativo, che non ha risposta, mi aiuta a vivere ogni anno come fosse l’ultimo, in più cosciente attesa del mio giorno natalizio: il dies natalis, il giorno cioè che segnerà per me l’inizio della vita che non ha tramonto.