È tempo di risurrezione
Pasqua insieme.
A guardare il mondo in cui viviamo, c’è poco da stare allegri. Il tasso di degrado riscontrabile, giorno dopo giorno, nella vita pubblica e di cui i mezzi di comunicazione sembrano troppo spesso avidi e compiaciuti moltiplicatori, ha raggiunto livelli preoccupanti.
Ma il fatto ancora più inquietante è che sotto sotto sono le basi della convivenza civile, della responsabilità etica, dei progetti condivisi a esser messe in questione. Giorni fa, un illustre sociologico mi palesava la forte preoccupazione – suffragata dai dati della rilevazione scientifica – di fronte al fatto che a tutti i livelli, e con disastrose conseguenze sulle nuove generazioni, si stanno sgretolando i legami fondamentali e i convincimenti profondi che reggono una società in grado di affrontare le ingenti sfide che su tutti i fronti l’interpellano. Né s’intravvedono all’orizzonte – sottolineava – indicatori evidenti e risolutivi che segnalino la possibilità d’invertire questa deriva.
Mi son sentito questionato in profondità. Non che non veda le tante esperienze positive che resistono e vanno controcorrente. Ma la domanda è d’obbligo: ce la faranno, ce la faremo a risalire la china? Anche la Chiesa non naviga in acque tranquille, benché non siano poche né piccole le iniziative di gratuità, di servizio, di rinnovamento. Che però, sotto la sferza del mainstream, rischiano anch’esse momenti di stanchezza e incertezza.
Ma non è proprio così, qui ed ora – mi son detto – che la fede cristiana può e deve giocare la sua carta più preziosa? La carta della risurrezione di Gesù – sì, proprio quella: l’avvenimento decisivo e discriminante la storia di noi tutti, che ci apprestiamo a celebrare ancora una volta nella liturgia della Pasqua.
Credere alla risurrezione di Gesù significa vivere nella fede di Gesù che «mi ha amato e ha dato sé stesso per me» – come scrive l’apostolo Paolo. E con ciò guardare all’altro con gli occhi di Gesù perché anche in lui risusciti la vera vita. E perché, nella novità della relazione reciproca che così rinasce, e a cerchi concentrici si può ripercuotere all’infinito, si pongano le premesse perché tutto attorno possa risorgere.
La mente è tornata a uno stupendo scritto di Chiara Lubich dell’autunno del 1949, non a caso intitolato Risurrezione di Roma. In esso si leggono queste profetiche parole: «…occorre aver il coraggio di non badare ad altri mezzi. Bisogna far rinascere Dio in noi, tenerLo vivo e traboccarLo sugli altri come fiotti di Vita e risuscitare i morti. E tenerLo vivo fra noi amandoci…. Allora tutto si rivoluziona: politica ed arte, scuola e religione, vita privata e divertimento. Tutto».
Sì, non c’è altra via e non bisogna più indugiare. È davvero tempo di questa risurrezione.