E se non avessimo avuto figli?
Con mio marito abbiamo tanti interessi in comune, ci capiamo praticamente su tutti i fronti, l’armonia tra noi è completa. Il problema è rappresentato da nostro figlio con cui spesso devo cercare un equilibrio non sempre facile. Mi sono chiesta: ma se fossimo rimasti soli, mio marito e io, non saremmo stati veramente una coppia realizzata?. Lorenza – Roma L’armonia della coppia è un elemento prezioso per il benessere integrale di ciascuno e dei due, un risultato che si raggiunge a volte con molto sforzo e in molto tempo. Il dialogo, la comunanza di vedute e di interessi, la stima reciproca portano la coppia a sviluppare potenzialità che purtroppo restano inespresse quando gli sposi sono occupati a tenere insieme un rapporto difficile, magari per motivi economici o di salute, che appesantiscono la vita familiare. La presenza del figlio, che con il suo solo esserci è il segno vivo della nostra unità come marito e moglie, è uno stimolo per andare oltre, verso orizzonti ancora più spaziosi. È vero, a volte il figlio, piccolo o grande, sembra invadere il nostro territorio: quando piange la notte, quando si infila nel lettone per l’ultimo bacio, quando deve essere accompagnato dagli amici la domenica mattina o il sabato sera (a seconda dell’età), quando si piazza in salotto per vedere i suoi cartoni proprio nel dopocena (ultima spiaggia per un eventuale dialogo tra i genitori), quando… Invece è un frammento di umanità quello che abita con noi, con le sue aspettative di crescita, di cura, di confronto, anche di conflitto che, vissuto nel contesto affettivo della famiglia, è occasione per allenarsi alle sfide del mondo del lavoro, della società, della politica. La famiglia con più figli poi può essere veramente un bozzetto di società, con la sua ricchezza di varie età, intreccio di maschile e femminile, presenza di caratteri e temperamenti diversi. Se noi due restassimo soli sarebbe tutto più bello? Proviamo a chiederlo ai tanti coniugi che hanno sperimentato il limite di continuare a guardarsi perdutamente negli occhi ed hanno aperto il cuore e la casa a figli speciali, approdati magari da un luogo lontano geograficamente, ma evidentemente presentissimo al loro amore. Oppure chiediamolo alle coppie che hanno scelto di impegnarsi nella solidarietà fino a rendersi disponibili a lasciare l’ambiente culturale conosciuto, il lavoro sicuro, la loro casetta di sposini, per vivere a fianco di comunità povere, delle quali sono diventati veramente padri e madri. In realtà, è meglio non preoccuparsi di raggiungere una utopica autorealizzazione, anche come coppia, perché ci sarà sempre qualcosa che ci lascerà insoddisfatti, ma guardarsi intorno ed offrire il nostro contributo, personale e di famiglia, al bene comune: così il nostro amore e la nostra personalità fioriranno e matureranno, ed avranno il sapore del dono.