È scoppiata la pace tra Cuba e Stati Uniti
Come succede per le grandi svolte diplomatiche, scoppia la pace tra due grandi nemici: Stati Uniti e Cuba. Nessuna avvisaglia evidente, nessun fuori onda, nemmeno una spifferata dalla segreteria di Stato vaticana. Barack Obama e Raúl Castro, praticamente in contemporanea, annunciano al mondo che è stato avviato il processo di riconciliazione tra i due Paesi dopo 53 anni di isolamento, dalla crisi scoppiata per la crisi della Baia dei Porci.
Si dirà: la guerra fredda non c’è più, l’Unione Sovietica non ha più un ponte a L’Avana, il Paese caraibico è una isola ridotta allo stremo dall’embargo e dalla insipienza di tanti governanti vetero-comunisti… Tutto vero, ma atti come questi paiono fare la storia più della sciagurata strage di Peshawar, più dei Boeing colpiti nella guerra ucraino-russa, più degli attentati kamikaze in Yemen. Vien proprio da dire che “la pace finalmente scoppia”.
Certo, sia Obama che Castro hanno bisogno in questo momento di sostenere la propria immagine, di riguadagnare la scena con atti che facciano risalire la loro popolarità. Ma, quali che siano le motivazioni, le loro parole hanno messo una pietra sopra più di mezzo secolo di contrasti, anatemi e scomuniche reciproche.
E tutto ciò grazie alla fattiva collaborazione dell’uomo attualmente più popolare sul pianeta, quel papa Bergoglio che americano lo è come Castro e Obama. Un papa che, sostenuto dal lavoro dei diplomatici vaticani, in primis il segretario di Stato Parolin, ha portato all’accordo, come ricordato dai due contendenti nell’incipit dei loro discorsi storici.
Bergoglio che riprende il lavoro avviato da Wojtyla con la sua visita a L’Avana del 1997, in cui lo storico abbraccio con Fidel Castro, seguito da migliaia di giornalisti, apparve talmente scandaloso che venne bruscamente oscurato sui media mondiali dal ben più modesto scandalo Lewinski, che però fece partire i cronisti troppo entusiasti dall’isola in un batter d’occhio. Gli Stati Uniti non erano ancora pronti ad una simile evenienza, a una riconciliazione che avrebbe smentito troppi decenni di diplomazia a stelle e strisce.
Ci fu poi Ratzinger che riprese a tessere la tela, ora portata a compimento dal primo papa americano. Nel 2011, il cardinale di L’Avana, l’arcivescovo Jaime Lucas Ortega y Alamino, mi disse nel corso di una conversazione che allora non poteva essere un’intervista: «La riconciliazione di Cuba con gli Stati Uniti è nei piani di Dio. E lui solo sa quando avverrà, ma in ogni caso avverrà. Forse prima di quanto non si possa pensare». Così è stato.
Ora riprenderanno i viaggi, le famiglie separate potranno riunirsi, i commerci s’avvieranno poco alla volta e forse un po’ più di benessere arriverà anche a Cuba. Non tutto è risolto, a cominciare dall’abolizione dell’embargo statunitense che deve ottenere il non scontato via libera del Congresso di Washington. Ma la strada della Storia è di nuovo aperta. E il “Cuba libre”, il celebre cocktail cubano a base di rum (cubano) e di coca cola (statunitense), potrà essere bevuto anche dagli statunitensi nei bar di L’Avana o dai cubani nella 5th Avenue. Aspettando i benemeriti “agenti (vaticani) a L’Avana” anche a Kiev, a Gerusalemme, a Kabul, a Pyongyang…