E non vi fu più altro, se non il mare

Guernsey, Canale della Manica. Una puntata alla casa museo dove Victor Hugo visse il suo esilio dalla Francia, scrivendo capolavori
Hauteville House Hugo

«Nel momento stesso in cui il bastimento si cancellò dall’orizzonte, anche la testa disparve sott’acqua. E non vi più altro, se non il mare». Così si conclude il romanzo che Victor Hugo scrisse come omaggio a Guernsey, l’isola della Manica che lo accolse esule, e ai suoi abitanti. E in effetti I lavoratori del mare sa di mare, di vento e di tutti i profumi di una terra granitica e selvaggia.

 

Prima però di addentrarmi in questo capolavoro tra i meno conosciuti dello scrittore, poeta e drammaturgo di Besançon, serve fare qualche cenno sull’isola e sui motivi che portarono Hugo a trascorrervi 14 anni, lontano da quella Parigi che l’aveva osannato e gli aveva consentito la frequentazione di altri letterati e spiriti eletti.

 

Situata davanti alla costa della Francia e al golfo di Saint-Malo, Guernsey è la maggiore di altre 8 isole anglo-normanne della Manica, che non fanno parte direttamente del Regno Unito, ma dipendono da esso attraverso un governo autonomo o baliato (lo stesso si verifica per Jersey, l’altra importante isola del Canale). Guernsey vive di turismo, di agricoltura e di allevamento di bovini (pregiata è la razza che prende nome dall’isola). Suo centro principale è Saint-Peter-Port, con circa 17 mila abitanti.

 

Quanto a Victor Hugo, questo fautore di un socialismo vago e utopistico percorse anche una carriera politica; inizialmente appoggiò Napoleone III dopo il colpo di Stato che lo portò al potere, ma in seguito lo detestò al punto da definirlo “Napoleone il piccolo”. Inevitabile l’esilio dalla Francia: prima a Bruxelles, poi a Jersey e infine, con la famiglia, a Guernsey, dove, rifiutando l’amnistia concessagli dall’imperatore, soggiornò dal 1856 al 1870. Che il suo fosse un esilio dorato lo si arguisce dalla visita ad Hauteville House, la splendida dimora ottocentesca che Hugo acquistò a Saint-Peter-Port per poter rimanere nell’isola. In quell’eremo con vista sul mare Hugo completò I miserabili, compose La leggenda dei secoli, L’uomo che ride e, insieme ad altre opere, quella che ora ci interessa.

 

Sede attuale di un console onorario presso l’ambasciata francese a Londra, Hauteville House è aperta al pubblico insieme al bellissimo giardino, tale e quale Hugo la lasciò, completa di mobili, rivestimenti lignei, tappezzerie, tappeti, specchi, quadri, maioliche, ninnoli ecc.; lui stesso ne progettò la decorazione, arrivando a disegnare alcuni mobili in stile medievaleggiante. È dunque una casa-specchio di colui che viene considerato il padre del Romanticismo francese, del suo gusto e di un’intera epoca.

 

Per tornare ai Lavoratori del mare, dal titolo ci si aspetterebbe un’opera corale, e tale doveva essere nelle intenzioni di Hugo. Di fatto è l‘epopea di Gilliat, un pescatore solitario, emarginato dagli altri isolani, che non comprendono quest’uomo generoso e profondamente buono, anzi ne hanno timore ritenendolo familiare con gli spiriti del male.

 

Gilliat s’innamora di Déruchette, la giovane nipote di padron Lethierry, proprietario della prima imbarcazione a vapore che solca le acque della Manica: la Durande. Il dramma ha inizio quando il perverso capitano Clubin, che vuol trarne il suo vantaggio, fa incagliare il battello tra le rocce che cingono l’isola. L’imbarcazione è perduta, la macchina è però ancora intatta: a chi la recupererà Lethierry promette in sposa Déruchette. È a questo punto che Gilliat si accinge all’impresa titanica di strappare dal relitto, con le sue sole forze, l’apparato motore con il fumaiuolo e le due ruote, e subito dopo di preservarlo dalla furia di una tempesta che occupa ben 80 pagine, tra le più intense ed emozionanti della narrativa marinaresca. Non basta: pur ridotto agli estremi dalla lotta contro gli elementi, Gilliat riesce vincitore anche della mostruosa piovra che l’ha avvinghiato (altro episodio giustamente famoso). Déruchette spetterebbe di diritto a lui. Senonché nel frattempo la giovane si è innamorata, ricambiata, di Ebenezer, un pastore protestante al quale Gilliat ha salvato la vita. Quando questi ne viene a conoscenza, rinuncia a Déruchette e dopo il frettoloso matrimonio dei due assiste, da uno scoglio, assiste all’allontanarsi del veliero che li porta via, fino a farsi sommergere dalla marea montante.

 

Nel suo romanzo più marino Hugo ha voluto illustrare la tesi che l’uomo capace di dominare la natura è a sua volta vulnerabile nell’ambito sentimentale. E al tempo stesso fa una riflessione su 4 tipi d’amore, dal più inquinato al più puro: l’amore egoistico (Clubin), l’amore per il progresso di cui è simbolo la Durande (padron Lethierry), l’amore innocente (Déruchette ed Ebenezer), l’amore che si sacrifica (Gilliat).

 

Egli non è certo autore che si nasconde nella sua opera: quasi ad ogni pagina ha da dire la sua. Chi però lo accetta così, con le relative digressioni, non può fare a meno di subire il fascino della sua prosa corrusca, immaginosa e barocca; di appassionarsi ai suoi scavi nella creatura umana, dove convivono il sublime e il grottesco, l’angelico e il demoniaco; di affezionarsi ai suoi personaggi prediletti: gli umili, i diseredati, i reietti della società, che spesso dietro ciò che appare nascondono ricchezze d’animo insospettate.

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