E nacque un giardino
Arnara è un ridente paese di 2.500 abitanti nel cuore della Ciociaria, a una decina di chilometri da Frosinone. In quella che un tempo era la scuola media, ora completamente ristrutturata, c’è L’arcobaleno, un centro di accoglienza per minori in difficoltà. Attualmente ne ospita dieci, tra cui due giovanissime mamme con i loro bambini. Ma è aperto anche a ragazzi che durante il giorno vengono seguiti da un’équipe nelle attività scolastiche e ricreative. A L’arcobaleno di Arnara ha sede la segreteria centrale del Giardino delle rose blu, un’associazione di volontariato che conta oltre mille iscritti. È lì che incontro il giovane parroco del paese, Ermanno D’Onofrio, ispiratore e instancabile animatore di questa associazione che, oltre ad offrire un supporto di persone qualificate e motivate nella gestione della casa di accoglienza, è in grado di assicurare la presenza di volontari che si avvicendano in Croazia con turni settimanali di dieci persone, tutti i giorni dell’anno, presso un ospedale di bambini gravemente disabili. Ne avevo sentito parlare, e sapevo anche del legame del tutto speciale di questi volontari con Daniela Zanetta, una ragazza affetta da epidermolisi bollosa, una malattia rara ed incurabile, che la portò alla morte a soli 23 anni, di cui il prossimo ottobre si aprirà ufficialmente il processo diocesano di beatificazione. L’avevo conosciuta a Milano, tra i giovani del Movimento dei focolari di cui faceva parte. Ne avevo apprezzato il coraggio e la grande voglia di vivere, e soprattutto l’aver saputo accettare sino in fondo la sofferenza di una malattia, per effetto della quale le fibre che normalmente tengono uniti i diversi strati dell’epidermide non funzionano correttamente, cosicché tra loro si forma un eccesso di liquido che provoca bolle, lacerazioni e ferite in tutto il corpo. Non avrei immaginato però che, a tanti anni di distanza dalla sua morte avvenuta nel 1986, la sua esperienza fosse ancora così viva e conosciuta da tante persone anche al di fuori dell’ambito del movimento di cui faceva parte. Tanto che recentemente è uscita l’edizione riveduta ed ampliata del suo diario e delle sue lettere, I segreti del cuore, la quinta edita da Città Nuova. A L’arcobaleno incontro Alessandra e Francesca, Rita, Danilo e Sonia, tutti volontari del Giardino delle rose blu, che si avvicendano nel servizio a questa famiglia di ragazzi che hanno bisogno di tutto. Mi raccontano una storia che li accomuna tutti in un’esperienza forte che si è fatta via via scelta di vita, e che ha, appunto, un nome che sembra ricapitolarla e riassumerla: Gornja Bistra. Già all’ingresso nel paese avevo notato un cartello stradale che segnalava il gemellaggio di Arnara con questa sconosciuta località a una ventina di chilometri da Zagabria. Lo stesso nome che era stato dato alla via in cui è sito L’arcobaleno. Una storia che, come mi raccontano questi volontari, ha avuto inizio nel 1993, allorché un gruppo di ragazzi uniti dall’amicizia, da un forte spirito d’avventura, e in primo luogo dal desiderio di portare conforto e solidarietà alle persone in guerra nei Balcani, decisero di fare un viaggio umanitario in Bosnia. Tra loro c’era anche Ermanno D’Onofrio, allora studente di psicologia. Portando sollievo, solidarietà e tutto l’aiuto di cui erano capaci, questi ragazzi andavano sperimentando un legame profondo con la gente del posto. Le distruzioni portate dalle bombe erano tante, e tutte sotto i loro occhi. Meno evidenti erano invece le ferite e le perdite inferte alla loro dignità di persone umane. C’era chi raccontava di aver visto uccidere i genitori in modo oltraggioso, chi di essere stato cacciato via dalla propria casa, chi di aver perso ogni cosa. Un ragazzo confidò che avrebbe voluto entrare in seminario, farsi sacerdote. Ma le bombe avevano distrutto la chiesa con gli uffici della sua parrocchia, e chissà quando avrebbe potuto riavere i documenti necessari… Per me – ricorda ora don Ermanno – che mi sentivo un po’ come il giovane ricco del vangelo, quelle parole suonarono come un richiamo forte da aperte del Signore a lasciare tutto e a seguirlo. Sta di fatto che, tornato a casa, Ermanno entra in seminario. Ed è proprio lui che troviamo ad Arnara, parroco del paese. Diventato prete, Ermanno riprende i viaggi umanitari nei Balcani, coinvolgendo tanti, soprattutto giovani. È in uno di questi viaggi che il gruppo si imbatte in Gornja Bistra. È il 1998, e per caso trova in quella località un istituto di ricovero che ospita un centinaio di bambini, di quelli che non vuole nessuno, deformati nel fisico e nell’aspetto. Sono ricoverati in un vecchio maniero, diroccato in più parti e circondato da erbacce, non a caso chiamato castello degli orrori. L’impatto è lacerante, per la gravità degli handicap e ancor più per le inumane condizioni sanitarie e assistenziali in cui versano. I volontari decidono di rimboccarsi le maniche, offrendo collaborazione concreta per alleviare i disagi. Si fermeranno lì sino all’ultimo scampolo di vacanze, promettendo che non li avrebbero più dimenticati. Ed è proprio dall’esigenza di assicurare ai bimbi la presenza continua di volontari, pronti ad assisterli senza riserve né timori, che nasce il Giardino delle rose blu. I bambini sono paragonati a questi fiori estremamente fragili, ma portatori di una loro rara bellezza. Fin qui, i fili della nostra storia non si sono ancora incrociati con quelli di Daniela Zanetta. Tra gli ospiti dell’ospedale c’è Vojo, un bambino la cui cute presenta le inconfondibili piaghe da epidermolisi bollosa. Tra i volontari invece c’è Sergio Vercelli, assessore ai servizi sociali del comune di Borgomanero in provincia di Novara. Riconosce nella malattia di Vojo gli stessi sintomi di una sua concittadina, Daniela Zanetta, di cui conosce i genitori. Vuole fare qualcosa per Vojo, e prende contatto i genitori di Daniela, che ora vivono a Maggiora, un centro poco distante, sempre nel Novarese. Lucia e Carlo Zanetta lo indirizzano alla Dedra, l’associazione delle famiglie degli ammalati di questa malattia, che richiede cure continue e particolari. Ora Vojo, un bambino vivacissimo e molto intelligente, è in affido presso una famiglia di Arnara, che lo segue con tanta dedizione. Ma la storia non finisce lì. Nasce un sodalizio, un’amicizia profonda anche tra i coniugi Zanetta, don Ermanno e la rete dei volontari. Attraverso i genitori di Daniela, hanno modo di approfondirne l’itinerario spirituale di cui sono rimaste tracce profonde nei suoi scritti. Ed è a questi scritti che attingono per i loro incontri di formazione anche i volontari di Gornja Bistra, che vogliono vivere il loro impegno nel mondo della malattia e dell’handicap penetrandolo dal di dentro, da chi lo ha vissuto in prima persona. I proventi de I segreti del cuore andranno per migliorare le condizioni di vita dei piccoli ricoverati nell’istituto croato. Il cerchio si chiude. Una rete d’amore unisce Daniela ai bimbi che ha tanto prediletto (si era diplomata alle magistrali). La mamma Lucia, nell’aprile dell’anno scorso, durante la prima assemblea nazionale del Giardino delle rose blu, ad Arnara, ha raccontato di come, non trovando rimedi efficaci contro la malattia di sua figlia, le avessero spiegato la situazione dicendole: Non abbiamo niente per poterti aiutare, ma abbiamo l’amore, e con l’amore supereremo tutto. Una consegna preziosa che i volontari portano con sé a Gornja Bistra, nel castello degli orrori, ora giardino di rose rare e speciali.