È l’ora di Meryl Streep
A 67 anni ha l’energia e la freschezza di una ventenne. E non si risparmia davvero, Meryl Streep. Alla festa del cinema la vediamo nella divertente e amarognola commedia di Stephen Frears “Florence Foster Jenkins”. Ossia, la storia vera della cantante stonatissima che però grazie ai soldi e al marito compiacente Hugh Grant (che invecchiando migliora) esordisce addirittura alla Carnegie Hall, tempio della classica, a New York. Ma il destino le riserva crudelmente la verità. La storia, già raccontata, forse meglio, nel film "Marguerite" con Catherine Frot, ha il suo punto fermo in Meryl. Che recita a meraviglia, canta preparatissima (a stonare) – si ascolti l’aria della mozartiana Regina della notte, esilarante al massimo grado – e inanella nella sua collezione di ruoli straordinari, come la Thatcher di "The iron lady", un altro gioiello. Quattro figli, di cui ammette di non essere una madre perfetta, innamorata dell’Italia, apprezza fra le attrici nostrane Alba Rohrwacher. Meryl è spiritosa, ottimista, fa un gran piacere vedere una star che parla in modo disinvolto della sua vita, senza nascondere nulla.
E a proposito di star vale la pena recuperare un film come "Genius" di Michale Grandage, dove si fronteggiano Colin Firth e Jude Law, Nicole Kidman e Laura Linney. Forse troppo per raccontare la storia, anche qui vera, dello spericolato scrittore Thomas Wolfe e del suo posato editor Max Perkins?. Vicenda di una amicizia virile tra un genialoide morto troppo giovane e il suo scopritore, un uomo posato e onesto, padre di famiglia, che vede in lui il figlio mai avuto. Niente di ambiguo, anche se la moglie di Tom lo sospetta, ma solo un rapporto sincero. Inutile dire che il cast è perfetto, ognuno al suo posto. Jude Law ‒ stasera in tivù papa Pio XIII ‒ è al top, mentre Nicole Kidman, ritoccata (purtroppo) è un po’ meno gelida del solito.
Tutt’altra sponda invece nel drammatico, doloroso "Noces" del belga Stephan Streker. Una vicenda autentica di fanatismo religioso che impedisce alla diciottenne pakistana Zahira di coronare il desiderio di amore e libertà in nome della tradizione. Non sveliamo nulla di questo racconto così denso, commosso e commovente, e così attuale. Da vedere.
Per tornare in Italia, abbiamo Naples ’44 di Francesco Patierno. Un soldato che s’innamora di Napoli durante la guerra, poi vi ritorna anni dopo a riscoprire un luogo amato, rimasto in fondo sempre uguale. Miseria e creatività, dolcezza e crudeltà, fede e superstizione, la fame e i bombardamenti. Il film è attento, documentaristico, mai pesante. Una nota di affettuosa malinconia lo trascorre ed è questa dolcezza triste a dargli sugo, raccontando storie e persone, passato e presente nel filo del ricordo che negli anni rende belle anche le amarezze del passato. Da non perdere.
Amarezza nella giornata agitata di Maria, attrice sfortunata che fa mille lavori, in attesa del provino e del film che le apra la carriera. Maria per Roma, di Karen Di Porto, strizza l’occhio , inevitabile ormai, al Sorrentino che gira per Roma, ma è sé stessa nel cercare di ritrarre l’emarginazione giovanile – italiana e degli attori – con uno sguardo ansioso e crudele alla realtà di ogni giorno. Che esiste per davvero. Fra incontri e scontri, amarezze e tratti comici, il film non delude. La regista-interprete è frenetica, folle, non ha una meta. Sotto il dinamismo di una vita simile si nasconde, forse deluso, il sogno della felicità.
E intanto in sala stanno uscendo…
Un gran bel film Io Daniel Blake, di Ken Loach, 80 anni, Palma d’oro a Cannes. Il falegname malato di cuore chiede invano un sussidio statale. Nel frattempo, aiuta generosamente una giovane madre single. La solidarietà fra gli umili è il tema portante di questo film speciale, davvero “evangelico”. Da non perdere.
Ewan McGregor dirige (la prima volta) e interpreta in American Pastoral un pezzo di storia americana, tratto dal libro di Philip Roth. L’uomo bello e in carriera, detto “lo svedese” ha tutto, ma la figlia compie un attacco terroristico. Non sarà questa tragedia che segna la fine del sogno americano del dopoguerra?. Storia della nazione e storia di una paternità difficile, che non si scoraggia di fronte al rifiuto della figlia ‒ al contrario della madre che “dimentica” – ma la cerca eroicamente sino alla fine. Buona prova registica, senza retorica.
Tom Cruise torna in nazione, superati i cinquant’anni (e nonostante il lifting, si vedono). Produce e interpreta il poliziotto Jack Reacher che vuol proteggere dalle accuse di spionaggio l’amica Susan (Cobie Smulders). Fughe, depistaggi inseguimenti. Insomma, azione e ancora azione. Cruise non si stanca mai, anche se la recitazione non è delle migliori. Noi forse un poco più di lui. Regia dinamica di Edward Zwick.
E, per l’Italia, fermiamoci a Piuma, deliziosa commedia su due ragazzi che scoprono di attendere un figlio. La brutta figura la fanno i genitori che sollevano mille obiezioni a tenerlo, ma i due sono coraggiosi, incoscienti e amano la vita. Regista Roan Johnson, già presente a Venezia. Da far vedere ai genitori.