È l’ora della responsabilità

L’inerzia nelle decisioni ci sta costando un miliardo di euro e tassi di interesse altissimi sul debito. Non c’è più spazio per la propaganda, occorrono coesione e scelte impopolari
Crisi finanziaria

 

L’accelerazione della crisi economica e politica italiana è sotto gli occhi di tutti. Bisogna agire con determinazione e autorevolezza in tempi brevi, prima che la velocità di caduta diventi irreversibile. Le dimissioni annunciate da Silvio Berlusconi, da sole non sono bastate a raffreddare sufficientemente i mercati, mancano ancora riferimenti certi a tempi, modi e alternative. A questa incertezza i mercati reagiscono da una parte con una costante pressione speculativa sui titoli delle imprese italiane, dall’altra richiedono maggiori tassi di interesse per finanziare il nostro debito pubblico.

 

Il principale indicatore della percezione che i mercati hanno della situazione italiana è l’arcinoto spread. Lo spread indica la differenza in punti percentuale nel tasso di interesse che i nostri titoli di stato pagano rispetto a quelli della Germania. E’ un indicatore importante, perché, dato che la Germania è il paese ritenuto più affidabile tra quelli europei, la differenza nel tasso di interesse dei titoli pubblici di un certo stato, indica di fatto la valutazione dei mercati sull’affidabilità o inaffidabilità di quello Stato. Il tasso di interesse funziona come una sorta di assicurazione sul rischio. Maggiore è il rischio che il creditore corre, maggiore dovranno essere gli interessi, per convincerlo a prestare effettivamente i suoi soldi.

 

I tassi di interesse che oggi dobbiamo pagare per trovare finanziatori non sono mai stati così alti dall’introduzione dell’euro. Il dato più alto di questi giorni concitati si è fermato al 7,80 per cento per i Btp a cinque anni e fortunatamente si registra una tensione al ribasso con cifre che tendono a stabilizzarsi sul 6 per cento. Sta di fatto però che l’inerzia di questi mesi, da agosto, quando è stata annunciata la seconda manovra correttiva ad oggi, quando ancora la richiesta di chiarimenti dettagliati da parte dell’Unione Europea sulle le modalità concrete di realizzazione dei provvedimenti, attende risposte, ci costerà qualche miliardo di euro in maggiori interessi sul debito.

 

Il gioco politico si è fatto serio, siamo in una situazione fortemente critica, non c’è spazio per mosse propagandistiche o di piccolo cabotaggio, occorre una forte e netta assunzione di responsabilità da parte di tutti. Occorre stringere un patto di non belligeranza per il bene del Paese, affinché chi riceverà l’incarico di formare un nuovo governo possa contare sull’appoggio di una maggioranza ampia e coesa, più concentrata sul bene dei cittadini, che non sulle prossime elezioni.

 

Quella di un governo tecnico sembra al momento la via migliore da percorrere. Le elezioni anticipate, infatti, non farebbero che aumentare il livello di incertezza facendo precipitare la situazione attuale. Un governo troppo “colorato” politicamente non riuscirebbe ad avere una maggioranza sufficiente a fargli portare a casa riforme impopolari quanto necessarie.

 

Perché il nodo vero, di queste concitate giornate, è quello delle riforme e di un governo che mostri coi fatti di essere in grado di modernizzare questo Paese. L’Italia, infatti,ha grandi risorse economiche, sociali, culturali, che però spesso però risultano imbrigliate da una struttura amministrativa, burocratica, professionale, sociale, farraginosa e antiquata. Occorre rompere tale rete che da una parte blocca le energie migliori e dall’altra mantiene uno status quo, fatto di privilegi, abusi e iniquità assortite.

 

Finora il processo riformatore ha proceduto con un passo avanti e due indietro, e si capisce, perché è impopolare e politicamente costoso, per chi lo avvia. Scontentando troppa gente, infatti, si perdono le elezioni. Da qui la necessità di un governo tecnico, che meno preoccupato della rincorsa spasmodica del consenso facile e di breve termine, possa portare avanti quelle novità istituzionali, che pur non favorendo nessun gruppo sociale in particolare, potranno alla fine favorire tutti.

 

Ci auguriamo che l’incarico da parte del Presidente della Repubblica arrivi presto, e che si possa così inaugurare una nuova stagione politica ed economica che ci faccia mettere da parte le esasperate conflittualità, le derive leaderistiche e lo scadimento morale che hanno caratterizzato questi ultimi anni. Vogliamo tornare a sperare in un futuro migliore per noi e per i nostri figli.

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