E’ l’ora degli etruschi

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Appoggiato su un cuscino, il giovane con diadema ha il palmo della mano sinistra rialzato e proteso in avanti. Non è spiegato cosa reggeva questa splendida scultura funeraria in bronzo, ma si trattava certamente di un uovo di struzzo, simbolo di feconda immortalità. È l’esemplare più prestigioso di una delle più importanti raccolte europee di antichità etrusche, quella dell’Ermitage, per la prima volta in trasferta a Cortona nello storico Palazzo Casali, sede del Museo dell’Accademia etrusca e della città. Fu Caterina la grande a iniziare le collezioni etrusche dell’Ermitage; esse più tardi vennero integrate dalle raccolte Pizzuti e del marchese Campana e dalle acquisizioni provenienti da importanti collezionisti russi. Testimoniano l’alto livello di esecuzione degli artisti di questo popolo, oltre al famoso giovane disteso, alcuni capolavori in bronzo come la statuetta di divinità e la placchetta del Sole alato, la testa di leone, il tripode con le imprese di Ercole, le affascinanti terrecotte e i bellissimi vasi in ceramica. A Roma, invece, nel Palazzo delle Esposizioni, rivivo l’emozione del ritrovamento di una delle tombe etrusche più celebri: la cosiddetta tomba François di Vulci. Tra i tonfi dei picconi, una voce fuori campo descrive il momento della scoperta, mentre nel buio si accendono torce a illuminare ad una ad una le pareti dipinte. È la ricostruzione virtuale di questo ciclo pittorico fondamentale per la comprensione dei rapporti fra l’Etruria e la prima Roma. Se l’esposizione cortonese sciorina una serie di manufatti di altissimo livello, testimonianza della passione antiquaria degli ultimi zar, quella romana esemplifica un panorama estremamente ricco e vario dell’insediamento etrusco nel Lazio, protagonisti i grandi centri costieri di Veio, Vulci, Tarquinia e Cerveteri, che con la loro cultura e gli intensi scambi commerciali ebbero un ruolo di primo piano non solo nella storia dell’Italia antica, ma dell’intero Mediterraneo in epoca preromana. Vengono inoltre messe in luce le interferenze tra etruschi e Roma, il confluire della civiltà etrusca in alcuni segni del potere e delle funzioni religiose che il mondo romano acquisì e preservò. Durante la visita, mi sono chiesto quanto di etrusco sia giunto fino a noi, nella nostra cultura. Non tutti sanno, ad esempio, che l’arco e la cupola (quest’ultima suggerita dalle costruzioni tombali) ci sono stati trasmessi da questo popolo tramite i romani. E, per restare nel campo dell’architettura, sembra che la tendenza italiana a perseguire un effetto decorativo immediato risalga al gusto etrusco di concentrare il massimo della decorazione nella facciata del tempio (spettacolare la ricostruzione di quello di Veio al Palazzo delle Esposizioni), al contrario dei greci per i quali era importante l’armonia dell’edificio nel suo insieme. E tutto etrusco è l’uso di effigiare il d e f u n t o sdraiato o supino sul coperchio dei sarcofaghi monumentali. A proposito, l’inferno così come è rappresentato da Dante e dai medievali, non sembrerebbe ricalcato sulle credenze diffuse in Etruria di un aldilà popolato di demoni spaventosi? A farci caso, nel pastorale dei vescovi si perpetua la forma del lituus, la verga dei sacerdoti etruschi. Chissà poi quanto della imperversante moda astrologica, per non parlare degli strascichi di magia e occultismo, ha un lontano riferimento con le credenze di questo popolo terribilmente infatuato dell’arcano e dei segni celesti. Ancora agli etruschi si fa risalire la tradizione scultorea assimilata poi dai romani. Di ciò le mostre danno testimonianza con sculture riferite all’ambito sacro e funerario. Notevoli in questo secondo contesto, alcune creature ibride come sirene, centauri, satiri, sfingi… Probabilmente, questi esseri di transizione suggerivano l’idea di un passaggio tra la condizione dei vivi e quella dei morti: sarebbero, in sostanza, il mezzo con cui l’artista cercava di rendere il mondo soprannaturale. Accanto alla scultura, la pittura: e qui l’apporto di Tarquinia è unico, custodendo la città, tra necropoli e museo, la più straordinaria raccolta esistente di pitture funerarie etrusche. È difficile sottrarsi alla suggestione di questi dipinti fatti non tanto per essere ammirati dai vivi, quanto per circondare con immagini confortanti di vita e colore il soggiorno sotterraneo dei defunti. Al confronto, la pittura vascolare veniva giudicata (almeno fino ad epoca recente) sostanzialmente priva di originalità, come una imitazione della raffinatissima produzione attica dilagante in Etruria anche ad opera di maestranze greco-orientali trapiantatesi sul nostro suolo. Oggi invece le è stato riconosciuto un suo proprio valore, caratterizzato da una fresca vena narrativa nel trattare piacevolmente le saghe e i miti consueti del mondo greco. E infine – siccome le mostre passano, ma i musei restano – un invito: approfondire questa antica civiltà dal fascino particolare visitando il Museo di Villa Giulia a Roma, il più importante del mondo per quanto concerne l’arte etrusca, e Palazzo Casali, a Cortona, contenitore prezioso di tesori non solo etruschi. Gianfranco Restelli Capolavori etruschi dall’Ermitage. Museo dell’Accademia etrusca e della città di Cortona, fino all’11/01/09 (Catalogo Skira). Etruschi. Antiche metropoli del Lazio. Roma, Palazzo delle Esposizioni, fino al 6/01/09 (Catalogo Electa).

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