È la volta di Meyerbeer, a 150 anni dalla morte

L'autore dei kolossal musical dell'800 torna nel programma dell'Accademia di Santa Cecilia che ingaggia per l'occasione Diana Damrau, «il più grande soprano di coloratura del mondo» e Antonio Pappano come direttore, per un concerto indimenticabile
Giacomo Meyrbeer

Giacomo Meyerbeer, chi era costui?  Il grande autore dei celebri Grand-Opèras  ottocenteschi, veri kolossal musicali dell’epoca. Il creatore di Robert le diable, Les Uguenots, L’Africaine è pressochè scomparso dai teatri mondiali se non in qualche rara ripresa- come alla Fenice  veneziana – e in alcune arie famose come  “Ombra leggera” dalla Dinorah. Per il resto, silenzio.

Eppure, l’ebreo berlinese che è stato a lungo in Italia e che poi  è vissuto a Parigi, amico di Rossini, amato-odiato da Berlioz,  odiatissimo dall’antisemita Wagner, inventore di –potremmo dire – blockbuster operistici di alto livello tali da influenzare anche il nostro Verdi, a suo tempo era una star. Poi i gusti cambiano, le messinscene delle sue opere costano troppo, ci vogliono schiere di cantanti molto bravi…e quindi Meyerbeer rischia di stare all’angolo.

Per fortuna, l’Accademia romana di Santa Cecilia l’ha voluto ricordare, chiamando una star del virtuosismo lirico, cioè il soprano Diana Damrau, la prima volta da noi, «il più grande soprano di coloratura del mondo», la definisce la critica. Elegantissima,  la bionda cantante ha prestato una voce  forte, modulata, svettante negli acuti e nei bassi, sicurissima nei brani da Robert le diable, Dinorah, Les Huguenots. Chi  ha ascoltato l’incanto strepitoso di “Ombra leggera” si è dimenticato per un attimo della Callas, qui egregia, perché ha trovato un timbro solare, una leggerezza, un senso di musica danzata così aereo d a suscitare l’uragano di applausi e la gioia  del canto come voce, non di una ma di mille anime.

Occorre dire che l’orchestra, diretta da Antonio Pappano è stata all’altezza, delicata negli accompagnamenti, e poi brillante, tonante, spettacolare nei diversi brani: le sinfonie dalla rossiniana Semiramide, dal Benvenuto Cellini di Berlioz, dalla Dinorah, dal giovanile Wagner del Divieto di amare.

Un concerto indimenticabile dove l’unità – per usare la parola giusta – fra canto e orchestra e tra direttore e solista – necessaria anche se non sempre possibile –  è esplosa nella musica di Meyerbeer: eclettica certo, ma raffinata, fantasiosa, elaboratissima ed appagante.

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