È giusto avere uno “Stato biscazziere”?
La deputata dell’Udc Paola Binetti è la relatrice in Commissione Affari sociali, di un Disegno di legge sulla prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza dal gioco d’azzardo che raggruppa e sintetizza almeno sette proposte presentate da parlamentari di diverso schieramento. Come si può intuire, la redazione di un testo unificato presuppone un lungo lavoro di mediazione e confronto orientato a raggiungere l’obiettivo di arrivare in aula per cominciare il lungo iter di discussione e approvazione della legge. Il testo non ha nulla di rivoluzionario. Vuole solo dare maggior risalto e considerazione alle vittime della diffusione del gioco d’azzardo, che ha registrato in Italia un'impennata di offerta pubblica con la sua legalizzazione tramite il sistema della concessione pubblica a società private specializzate tenute a rispettare alcune norme di ingaggio e a versare parte del denaro raccolto nelle casse dello stesso Stato (da qui la definizione pesante di «Stato biscazziere»).
La Binetti agisce con estremo realismo e trasparenza ricercando il rapporto diretto con le grandi società commerciali e la Confindustria che le rappresenta, partecipando agli incontri come quelli della Fondazione Unigioco che ha tra gli obiettivi quello di «indagare i meccanismi e le dinamiche del gioco sotto il profilo sociale ed antropologico, avuto riguardo alla tutela e alla correttezza e della buona fede nell’offerta del gioco ed al contrasto degli aspetti illegali e patologici del gioco stesso». Il presidente di Unigioco è Francesco Tolotto, ex deputato Pds – Pd, mentre il direttore Ezio Flippone è amministratore delegato della Gamenet spa, «uno dei maggiori concessionari Aaams (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato)«.
Politici, medici e manager
Il seminario di presentazione del disegno di legge unificato si è svolto il 20 dicembre mattina nella “sala della regina” di palazzo Montecitorio, nel via vai dettato dal voto di fiducia alla legge di stabilità del governo Letta, chiamando a confronto con la politica il mondo della sanità e quello dell’industria. Oltre a Filippone di Unigioco sono intervenuti Fabio Attilio Cairoli, direttore generale Gtech Italy, Massimo Passamonti, presidente Confindustria Sistema Gioco Italia, assieme a Federico Tonioni, direttore del centro patologie da web del oliclinico Gemelli di Roma, e a Giuseppe Bersani, professore di Psichiatria dell'niversità La Sapienza, Matteo Iori, presidente del Conagga (coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo) e Fabrizio (volutamente senza cognome) dell’associazione giocatori anonimi Italia.
Un resoconto dell’incontro si può trovare nell’ampio servizio dedicato dall’agenzia Dire. In sostanza i rappresentati del sistema delle imprese e Confindustria rivendicano il loro ruolo positivo di legalizzazione e responsabilità rivendicando l’eccellenza dei loro servizi che sono presi ad esempio in tutto il mondo. Si dicono ampiamenti disponibili a dare il giusto peso al bilanciamento tra interesse erariale (soldi per lo Stato), interesse sociale (prevenzione patologie) e ordine pubblico (contrasto alle infiltrazioni della malavita) ridiscutendo le normative vigenti e aumentando la dotazione dei fondi da destinare alla cura della malattia.
Un approccio riformista rafforzato dalle storie di disagio riportate dai sanitari, dai malati compulsivi e da chi come Ioro opera da tempo sul campo denunciando anomalie e collusioni politiche nella gestione del fenomeno.
Il contrasto sommerso
Con tali premesse la legge potrebbe andare avanti in parlamento senza troppi ostacoli, solo che Rosi Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, intervenendo dopo le varie relazioni e affermando che il settore dell’azzardo è quello tra i più esposti all’infiltrazioni mafiose, si è chiesta in maniera più radicale se sia giusto mantenere in piedi un sistema in cui l’amministrazione pubblica lucra sul gioco d’azzardo. Prevedibile lo sconcerto e la stizza esternata dai vari rappresentanti del mondo imprenditoriale fino ad un intervento molto duro di Passamonti, che ha tenuto a ribadire, tra l’altro, che è scorretto parlare di “condono” da evasione fiscale con riferimento al famoso sconto concesso recentemente dal governo Letta a dieci società del settore. Secondo il rappresentante di Confindustria si tratta semplicemente di un «danno da disservizio» per il quale è prevista una definizione agevolata del contezioso che, nel caso delle società concessionarie, è stato applicato al massimo della percentuale (il 30 per cento).
La domanda centrale
Il dibattito ha fatto emergere la contraddizione che va resa esplicita: una materia come il gioco d’azzardo può essere affidata in concessione a società orientate al profitto? Oppure la necessità della salute pubblica impone di gestire il fenomeno come qualcosa da contenere, senza incentivarlo, utilizzando le vincite solo per finalità sociali tra cui quelle di cura? A tali domande si obietta che una tale finalità sarebbe impossibile da realizzare, mentre aumenterebbe il ricorso al gioco illegale che lo Stato non riesce a contrastare. Quindi resterebbe l’unica strada della riduzione del danno tramite avvisi sulle macchinette mangiasoldi da porre a distanza da luoghi sensibili come le scuole ed esigendo il divieto per i minorenni. Misure convenzionali: uno studente ha problemi a fare 800 metri a piedi per andare a giocare se tutto l’ambiente lo istiga a tale comportamento? E un ragazzo di 18 anni e due mesi o un cinquantenne disperato che si rifugia nella ricerca della fortuna, sono meno vulnerabili di un minorenne?
Domande di fondo che rimandano ad un discussione più generale. Lo stesso Alberto Giorgetti del Pdl, sottosegretario all’Economia con delega al gioco, nel suo iniziale intervento al seminario ha riconosciuto che la materia supera le competenze della sua delega. Sarà comunque opportuno prestare attenzione realisticamente all’iter del testo unificato Binetti che sembra trovare tutti d’accordo anche se, come osserviamo dal diffondersi del movimento Slot Mob, le leggi hanno radice nel legame sociale da rafforzare.
Come racconta Stendhal, dal balcone dell’antico palazzo Montecitorio, quando era ancora la sede dell’amministrazione pontificia, il sabato mattina venivano gridati il numeri del gioco del lotto. Il problema, ora come allora, è quello di capire cosa farne di questo danaro.