È arrivato The young pope!

Il film di Sorrentino su Pio XIII: mescolanza di astuzia, ingenuità, decisionismo e apertura. In gara anche Brimstone e Frantz
The young pope

Folla, ovvio, alla conferenza stampa di Paolo Sorrentino dopo aver visto le prime due puntate della sua fiction, in onda da ottobre su Sky in dieci puntate. Un vero film di dieci ore, dice lui, pacatamente. Nessuna provocazione, il Vaticano non si allarmi, solo curiosità per un mondo dove bene e male si pareggiano, come dappertutto, ma che, almeno nel pontificato attuale, fa molto bene, ci sono cose positive. Anche se la storia insegna che dopo un papato aperto c’è un irrigidimento.

 

E una singolare mescolanza di astuzia, ingenuità, decisionismo e apertura è nel personaggio di Pio XIII, che nel nome e nella gestualità – si vede che si sono studiati bene i filmati – richiama Pio XII. Ma Lenny Belardo, alias Pio XIII, 47 anni, americano che fuma e beve coca-cola, è un insieme di cose: orfano allevato da una suora che diventa sua segretaria, avversato dall’establishment vaticano – un cardinal segretario rappresentato icasticamente da Silvio Orlando –, e al contempo deciso a non farsi icona mediatica, refrattario ai media e con problemi interiori di fede.

 

Un uomo misterioso come è per Sorrentino il Vaticano, dove uomini e Dio gestiscono insieme molte cose: gente di fede ingenua e personaggi scaltri, fede ed opportunismo. Sorrentino gioca amaro con una ironia sottile, una comicità involontaria ma reale, in alcune situazioni del resto attinte da uno che conosce – non si sa bene come – il piccolo mondo vaticano e i suoi risvolti. Un mondo che dovrà vedersela con Pio XIII, cioè Jude Law, bravissimo nel dar vita al suo complesso personaggio.

 

Fotografia eccellente, una Roma anche dall'alto sempre stra-amata, narrazione veloce, citazioni da Moretti – le suore che giocano a calcio –, e da Antonioni – “mi fanno male i capelli” dice un prete sciocco –, e poi richiami alla storia recente (un cardinale gay, una donna affarista in economia…) ma senza denunce, con tranquillità, come cose che fanno parte della vita. E qualche squarcio di visione di fede: la suora che “vede Gesù nel papa” dubbioso e, anche se un po’ meno, in certi cardinali. Non raccontiamo il sogno iniziale del papa, per non far perdere la sorpresa. Tutto sommato è Sorrentino, il visionario, l’ironico, il perfezionista. Gran cast, ma è un film… eppure talora gli artisti vedono più in là…

 

Brimstone

Sempre parlando di religione – tema ormai ritornante del festival –, Martin Koolhoven recupera il West dalla parte delle donne forti in Brimstone, quasi tre ore! Il predicatore sulfureo, logorroico e indiavolato (Guy Pearce) perseguita moglie e figlia, abusa della ragazza, la ricerca sino alla fine uccidendo chiunque gli si ostacoli, con la Bibbia dalla sua parte e l’inferno che lo attende. Quattro lunghi capitoli per raccontare la saga al femminile con un occhio al fanatismo religioso, fenomeno forse poco raccontato dell'epopea, che non risparmia eccidi, horror, stragi e visioni sulfuree, insieme ad una natura bellissima. Nel cast, Dakota Fanning, perfetta, e Kit Kerrington, Jon Snow del Trono di spade, sempre “buono”, fino ad un certo punto! Filmone un po’ polpettistico, a dire il vero, in certe cose già visto, ma nel suo genere efficace per i cultori.

 

Frantz

Perdono, dimenticanza, amore dichiarato e impossibile, dopoguerra nella Germania vinta del 1918. Una volta tanto il cinema parla del dolore dei vinti nello struggente Frantz in bianco e nero di Ozon, forse uno dei migliori film in gara. Anna ogni giorno visita al cimitero la tomba del fidanzato, incontra un giovane francese che l’ha conosciuto. Lo introduce nella famiglia diffidente, lo ama, lo ritrova a Parigi. Riusciranno tutti a perdonarsi? Racconto di sentimenti, recitato benissimo, delicato e tremendo al contempo. Da non perdere.

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