E adesso, Ue?
“I greci fanno deragliare l'Europa”: è forse il quotidiano russo Utro, ancor più che quelli tedeschi, a dipingere a tinte più fosche le possibili conseguenze della vittoria del no al referendum in Grecia. In quello che la testata moscovita definisce “un giorno che ha cambiato la vita non solo ai greci ma a tutti gli europei”, l'articolista fa infatti notare le dure reazioni proprio negli altri Paesi dell'Ue; soffermandosi in particolare sulla Polonia, con il primo ministro Eva Kopacz secondo cui per la Grecia non rimane ora che l'uscita dall'Euro in risposta ad un piano di aiuti legato a condizioni a cui “il Paese non era pronto”.
Altra reazione dura arriva dal regno Unito, con The Guardian che titola “La Grecia mantiene il tono di sfida”, e il Financial Times che in testa alla pagina azzarda addirittura un ironico “E adesso?”. Meno critico l'Independent, che nell'editoriale di Robert Fisk “I greci non vogliono lasciare l'Europa, ma l'Europa vuole vendicarsi dei greci”, fa notare come in realtà anche chi ha votato no abbia fiducia nel progetto europeo: solo vuole “la fine della perdita di dignità a cui la povertà li ha condotti”. Peccato che “nelle ultime settimane autorità europee e banchieri siano apparsi non come gentiluomini che hanno concesso la loro generosità alla Grecia, ma piuttosto come usurai che vogliono vendetta su poveri e anziani”.
Già, però rimane aperta la domanda sugli scenari futuri: a chiedersi infatti “Che cosa può fare Alexis Tsipras della sua ampia vittoria?”, è il francese Le Figaro, fiducioso che “forte di un mandato popolare rinnovato, il primo ministro è pronto a riaprire immediatamente il dialogo con i creditori”. Il belga Le Soir, dall'osservatorio di Bruxelles, definisce però le autorità europee “paralizzate” davanti agli eventi, con buona pace di chi spera in un rapido raggiungimento di un nuovo accordo.
Porta invece l'attenzione in casa propria lo spagnolo El Pais, titolando “Podemos si erge a simbolo della vittoria del no”, con il partito “specchio di Syriza” che inneggia alla “vittoria della democrazia” e definisce “un ricatto dei mercati” la situazione creatasi in Grecia; e chiama in causa l'articolo 135 della Costituzione spagnola, che ha imposto il pareggio di bilancio, con il vicesegretario del partito Inigo Errejòn che osserva provocatoriamente come “quanto è accaduto in Grecia dovrebbe mettere una pulce nell'orecchio a tutti coloro che hanno fatto questa modifica costituzionale”.
Al di fuori dell'Ue, e in particolar modo negli Usa, la vitttoria del no non pare essere stata ben accolta: il New York Times afferma che “il trionfo di Tsipras potrebbe avere un prezzo molto alto” perché porta “il Paese alla bancarotta e al caos finanziario”, pur riconoscendo che “è necessaria maggior flessibilità da entrambe le parti”. Anche il Washington Post riconosce che “la dura reazione dei leader europei fa capire che la battaglia è solo all'inizio”, presagendo scenari ancor più difficili che in passato.
Già, ma i tedeschi, direte voi? Naturalmente li ho lasciati per ultimi, altrimenti non si mantiene la suspence. La Frankfuter Allgemeine pubblica un'analisi dal titolo quasi minaccioso de “I problemi della Grecia iniziano veramente solo ora”, e afferma che “nessuno si azzarda più a fare previsioni: l'unica cosa certa è che nulla è escluso”. Anche Der Spiegel si chiede “E adesso, Ue?” affermando che l'Unione “adesso deve chiarire se si sta ancora cercando di raggiungere una linea comune”. Lo stesso giornale che nel suo settimanale, pochi giorni fa, aveva messo in copertina una foto della Merkel seduta sulle macerie del Partenone titolando “La signora delle macerie” – in riferimento a come erano chiamate, dopo la seconda guerra mondiale, le donne che in Germania hanno letteralmente ricostruito il Paese sulle macerie lasciate dai bombardamenti – e “Se fallisce l'euro, fallisce il cancellierato della Merkel”. Un interesse che sembra rimanere concentrato più su ciò che la Grecia rappresenta per gli affari interni, che per il Paese in sé.