Duetto Bollani-Harding

Invidiabile unione tra il direttore d'orchestra britannico e il nostro pianista. Chiude così la stagione dell'Accademia romana di Santa Cecilia
Bollani-Harding

Conclusione ottima della stagione all’Accademia romana di Santa Cecilia. A cominciare dalla presenza di Daniel Harding, ormai direttore in carriera. L’ex pupillo di Abbado e Rattle è un maestro formato, libero, disinvolto, precisissimo. Un gesto molto chiaro e armonioso con cui estrae il suono da un’orchestra perfetta in ogni sezione. Giovanile, aperto al contemporaneo, l’ex ragazzo di Oxford interpreta Richard Strauss e il suo poema sinfonico “Così parlò Zarathustra”. Inutile dire che la matrice da Nietzsche, ormai oggi per noi lontana, si riversa in un poema dove sensazioni, idee, impulsi si agitano in un mondo sonoro affascinante e inquietante. Quanta musica da film uscirà da questo brano, utilizzato del resto anche da Kubrick nel suo “2001 Odissea nello spazio”.

 

Quando poi Harding si unisce al talentuoso, immaginifico Stefano Bollani nel “Concerto in sol” di Ravel per piano e orchestra, la magica fusione – non confusione – tra i due sull’onda del fantasioso concerto raveliano è disturbante e fascinosa insieme. Disturbante, perché spiazza l’ascoltatore con il continuo oscillare tra classico, tonale e derive jazzistiche; fascinosa nel lunghissimo “Adagio assai”, di una liricità piana, lenta, infinita.

 

Bollani è perfetto tecnicamente, solo un poco algido, preso com’è dal lato virtuosistico. Non per nulla poi, come bis, regalerà due pezzi jazzistici di struggente fantasia. Liberissima, dato che Bollani è un musicista completo, rigoroso. Così fantasia e disciplina si intersecano e il risultato è un viaggio liberante nel sogno.

 

L’ultima parte del concerto prevede una suite dal balletto “Daphnis et Chloè” di Ravel. Musica non eccelsa, ma raffinatissima. Sentendola, viene da pensare alle ninfee di un Monet, ai simbolismi di un Klimt, al decorativismo primo Novecento. Lucente, forse troppo pensato. Ma Harding trascina l’orchestra in tessuti di seta, ricama con i violini e i legni, e dà sensazioni dannunziane col flauto solista.

 

Risultato: applausi e festa. E, invidiabile, l’unione tra Harding e Bollani, forgiata sulla distinzione dei ruoli, armoniosa e non competitiva: cosa rara tra le star della musica.

 

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