Duecento giovani che portano speranza

Al via in Calabria la sesta edizione di “Be a sign of hope”, campo di lavoro dei giovani di Sicilia e Calabria, organizzato quest'anno in collaborazione con Libera sui terreni sottratti alla 'ndrangheta.
Locandina Be a sign of hope

Con la fine delle sessioni d’esame, l’inizio delle sospirate ferie e il culmine della bella stagione, arrivano anche le iniziative estive rivolte ai giovani. Giovani che, tra i tanti modi “alternativi” di fare vacanza, ne scelgono uno che porti un segno di speranza in una terra in cui questa sembra affievolita. Si chiama appunto Be a sign of hope – sii segno di speranza – il campo di lavoro organizzato dai Giovani per un mondo unito di Sicilia e Calabria ad Isola di Capo Rizzuto (Crotone), dal 29 luglio al 4 agosto.

 

Quasi 200 ragazzi di queste due regioni, più alcuni da Firenze, Bologna, Veneto, e anche una ragazza belga in visita ad un’amica che si è unita alla compagnia, lavoreranno per recintare i terreni sottratti alla criminalità ed affidati all’associazione Libera in attesa dell’assegnazione agli agricoltori (che si prospetta difficile, per paura di ritorsioni). Una scelta coraggiosa, in una zona in cui il potere delle ‘ndrine è ancora forte: all’inizio di luglio sono stati messi a segno tre attentati incendiari in quattro giorni contro il sindaco di Isola ed altri amministratori comunali. Ma i giovani, pur coscienti che non sarà il loro lavoro da solo a sradicare la malavita, hanno deciso di essere lo stesso presenti.

 

L’idea è nata lo scorso marzo, quando si è avviata la collaborazione con Libera – da poco attiva nella zona – grazie ad un sacerdote di Crotone che ne è il referente locale. Anche i 23 giovani veneti sono arrivati a Be a sign of hope dopo aver contattato l’associazione fondata da don Ciotti, che li ha indirizzati qui. «È stata una sfida anche dal punto di vista organizzativo – racconta una di loro – perché inizialmente avevamo pensato di viaggiare in aereo con una compagnia low cost, ma poi abbiamo preferito il treno per ridurre l’impatto ecologico. A quel punto, il problema diventavano i soldi: ma anche quelli sono arrivati tramite un progetto dei Giovani per un mondo unito di Padova, finanziato dalla regione».

 

Per i giovani calabresi e siciliani, gli ostacoli non sono stati da meno: dal tendone per la mensa non più disponibile, alle brandine della protezione civile arrivate solo il giorno prima dell’inizio del campo, la suspence non è mancata. E forse è ancora presto per concludere con un “ma alla fine si è aggiustato tutto”: non vorremmo fossero le ultime parole famose.

 

Il lavoro nei campi e la pulizia della spiaggia non saranno l’unica occupazione dei ragazzi: oltre a momenti di svago – come la visita ad una riserva marina e al castello aragonese – sono infatti previsti diversi incontri con i testimoni di quella lotta alle mafie a cui questi giovani vogliono mettere un tassello. Ci saranno il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, un magistrato di Crotone che si occupa della confisca dei beni alla criminalità organizzata, il sindaco di Isola Carolina Girasoli, e una famiglia che ha visto uccidere per errore il proprio figlio di dieci anni. Presente anche Roberto Mazzarella, autore per Città Nuova di L’uomo d’onore non paga il pizzo, libro che fungerà da filo conduttore del campo.

 

Be a sign of hope è giunto quest’anno alla sesta edizione. Partito da Corleone nel 2004, in questi anni ha fatto tappa a Locri, Tortorici, Gela, città dove di speranza c’è proprio un gran bisogno.

Si può visitare il profilo di facebook Be a sign of hope 6

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