Due tsunami e mezzo

Il successo del Front National rischia di mettere radici in un continente che pare in rovina. Cosa può evitare la deriva xenofoba e nazionalista dell'Europa impaurita?
Marine e Marion Le Pen

La vittoria del Front National nelle elezioni amministrative francesi appare un avvertimento assai significativo inviato all'Europa. Certo, si tratta solamente del primo turno e, paradossalmente, la formazione politica potrebbe ritrovarsi senza nemmeno una delle 13 regioni nel proprio carnet al termine del secondo turno. Ma la vittoria di zia e nipote, Marine e Marion, entrambe in rottura con il padre-nonno Jean-Marie, personaggio ingombrante e impresentabile ma pur sempre colui che ha messo le basi per la vittoria di ieri, è incontestabile, avendo sfiorato a livello nazionale il 30 per cento dei voti ed essendosi piazzate al primo posto tra i partiti concorrenti.

Dopo lo tsunami dell'ondata migratoria e quello degli attentati del 13 novembre a Parigi, questa vittoria del Front National potrebbe rivelarsi un terzo tsunami per il Vecchio continente, non più esterno ad esso ma maturato nella più democratica delle sue democrazie (secondo il punto di vista francese). La vittoria della destra xenofoba e nazionalista, profondamente antieuropea, potrebbe essere il primo tassello di una vittoria generalizzata in Europa dei partiti euroscettici e nazionalisti. Con conseguenze gravissime ad ogni livello civile e politico.

Sembrerebbe che la vittoria del Front National coaguli la paura del terrorismo, l'insoddisfazione per una Unione che non ha più idealità ma solo burocrazia, per l'assenza di una qualsiasi politica estera unitaria. L'orgoglio della laicità francese (reclamato anche dalla "laica" Marine nel momento della vittoria) pare un elemento aggiuntivo al quadro politico, atto a raccogliere voti a piene mani anche in terreni prima vietati, come la sinistra di Hollande e la destra di Sarkozy.

Il segnale è stato lanciato. Chi lo raccoglierà? Probabilmente non i partiti politici del continente, troppo presi dalla paura di perdere e spesso senza visione. L'unica forza ideale veramente capace di opporsi a una deriva continentale in senso xenofobo, chiuso, militarista ed esclusivista pare – non fa piacere dirlo – il cristianesimo targato papa Francesco, e il pensiero laico che converge su alcuni assunti fondamentali proposti da Bergoglio: giustizia, accoglienza, pace, umanesimo inclusivo. In una parola, fraternità.

Ma papa Francesco non scende in campo politico, ovviamente. Chi potrebbe sostenere le sue, le nostre tesi evangeliche in campo civile e politico? Non basta un unico partito. Non basta un movimento d'opinione generico. Servirebbe un insieme di forze che dicano "no" alla chiusura ineluttabile dell'Europa divisa, ma che nel contempo ne riscoprano le vere radici. Forze non corrotte e integre moralmente che sappiano governare con decisione. Che sappiano ascoltare le ragioni più profonde e non epidermiche di chi ha votato Le Pen o Farange o Salvini. E che rialzino la testa per capire che costruire muri equivale al suicidio. O all'eutanasia di un continente.

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