Due preti come esempio della Chiesa dei poveri

La visita di papa Francesco sui luoghi di don Milani e don Mazzolari è un pubblico riconoscimento del loro insegnamento e un forte messaggio per le sfide del nostro tempo.
Il papa a Bozzolo ANSA / OSSERVATORE ROMANO PRESS OFFICE

Il papa, due anni dopo il convegno della chiesa italiana a Firenze e molte visite nelle diocesi, si fa pellegrino presso le tombe di due preti. A Bozzolo da don Mazzolari e a Barbiana da don Milani. Due parroci che, come ha detto Francesco, hanno lasciato una traccia luminosa per quanto scomoda, nel loro servizio al Signore e al popolo di Dio. Quattro parole li uniscono: misericordia, perdono, poveri e pace.
Di don Mazzolari fa sua la definizione di “parroco d’Italia”, ma c’è ben altro nella storia di questo prete definito da papa Giovanni la tromba dello Spirito Santo. C’è la Chiesa dei poveri. Dice papa Francesco che don Mazzolari «non si è tenuto lontano dal fiume della vita e dalla sofferenza della sua gente che lo ha plasmato pastore». Per questo coglie i limiti spirituali e storici di un cristianesimo attivista e semipelagiano,  di un cristianesimo spiritualista, di una preghiera che non genera carità e
di realizzare interessi e clientele cattoliche. Ma ecco la prospettiva che il papa riconosce in don Mazzolari: «Così possiamo diventare  chiesa povera  per e con i poveri la chiesa di Gesù, la chiesa ha bisogno di convertirsi al riconoscimento della loro vita per amarli così come sono».

Ecco il parroco dei poveri e dei lontani. Il parroco del libro “Tu non uccidere”, pubblicato anonimo per non incorrere nella repressione ecclesiastica,  e del “Nostro fratello Giuda”, una omelia straordinaria per il venerdì santo nel segno della misericordia. Ecco la prospettiva della Chiesa dei poveri che si realizza nella vita delle parrocchie, là dove i poveri vivono davvero. Non parrocchie occupate dai movimenti, ma case dei poveri come a Bozzolo e Barbiana dove i poveri imparano da questi preti la bellezza del Vangelo.

Tutto questo è ancora più evidente a Barbiana, una parrocchia chiusa che viene riaperta per mandare lì don Milani a servire alcune decine di montanari. Così conclude il papa: «Non posso tacere  che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. In una lettera al vescovo scrisse: se lei non mi onora oggi  con un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato».

Dal cardinal Piovanelli in poi gli arcivescovi di Firenze hanno, in diverse occasioni, dato questo riconoscimento a don Milani. Oggi, sottolinea con forza papa Francesco, lo fa il vescovo di Roma: «La Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa». Il papa conferma l’esemplarità. Il termine esempio lo si trova nel vangelo di Giovanni: Gesù dice che ha dato l’esempio perché «come ho fatto io facciate anche voi». Dunque l’esempio sta e trova la sua fonte nel linguaggio eucaristico. Nella prima lettera Pietro dice che «Cristo patì, lasciandovi un esempio». Don Lorenzo, a cinquant’anni dalla sua morte, indica la via di una Chiesa serva e povera, piccola e mite. Una Chiesa visitata da Dio nel mistero del profeta, che guarisce i figli morti perché depredati della parola.

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