Due papi e un Concilio
Benedetto XVI concelebrerà con Papa Francesco in Piazza San Pietro la Messa di canonizzazione di altri due papi, Roncalli e Wojtyla. «Sarà concelebrante, il che non vuol dire che vada all’altare», doverosa la precisazione di p. Lombardi all'ultimo dei sette briefing in Sala Stampa vaticana in preparazione dell’inedito evento. «Saremo tutti lieti di avere la sua presenza», aggiunge. Conferma piuttosto attesa dai giornalisti presenti di molte parti del mondo.
La riflessione del briefing ha un tema pregnante: I due papi e il Concilio Vaticano II; relatori Marco Roncalli, storico e pronipote di Giovanni XXIII, e il prof. Stanislaw Grygiel,docente emerito di Antropologia filosofica al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II.
Il Concilio Vaticano II è «la massima grazia del XX secolo», in questo modo nitido lo definì Giovani Paolo II. Grazia. E ciò richiama la volontà con cui lo indisse Giovanni XXIII: il Concilio doveva avere soprattutto una dimensione spirituale. Con tre grandi temi: apertura della Chiesa al mondo moderno, ricomposizione dell’unità dei cristiani, promozione della giustizia e della pace.
Per risolvere i problemi che si affacciavano al suo tavolo, Giovanni XXIII non fa altro che ricorrere alla sua idea di Chiesa, che gli appare «non come un museo, ma come un giardino da ringiovanire». E per alimentare questo processo «non occorre inventare cose nuove: ci sono già gli strumenti dentro la dinamica della storia». Giovanni XXIII sta pensando al Concilio. Sa quanto può essere efficace.
Comincia una lunga preparazione di 44 mesi, più lunga del Vaticano II stesso. Poi l’apertura: «Una grande giornata di pace; di pace!», così Giovanni XXIII la definirà, la sera dell’undici ottobre 1962, dalla finestra del Palazzo apostolico. Una giornata storica, nuova, che avrebbe cambiato per sempre il volto della Chiesa.
Lo storico Marco Roncalli traccia per Città Nuova consonanze e differenze tra queste due figure legate dalla luce di quel Concilio.
«Due uomini che escono da due mondi completamente differenti, con alle spalle percorsi diversi se non opposti. Simile la cornice: la povertà delle loro origini.
«Angelino Roncalli entra in seminario a 11 anni, una vocazione da bambino che mantiene per tutta la vita. Karol Wojtyla trascorre la sua gioventù tra mille interessi e sfide, in un rapporto dialettico con le drammatiche realtà a lui contemporanee: seconda guerra mondiale, impero sovietico.
«Il rapporto con l’altro per Wojtyla è l’ebreo; tratto che manca al giovane Roncalli, che ricupererà però quando, nunzio apostolico, opererà in Turchia gomito a gomito con il mondo mussulmano.
«Hanno ancora due modi diversi di guardare la vita. Rapporto gioioso e familiare con la natura quello di Wojtyla; contenuto invece quello di Roncalli che, per un eccesso di pudore, confessa sul suo diario, “non ho mai fatto un bagno nel mare”.
«Eppure là dove tutti e due sono chiamati al servizio pietrino, al governo della Chiesa universale, intrecciano linee comune».
La fiducia nell’uomo. «E da qui la comune apertura alla modernità, seppure con diverse gradazioni. E non è detto che quelle di Giovanni XXIII siano state più rivoluzionarie di quelle riferite a Giovanni Paolo II, come dimostra il suo grande contributo per la stesura della Costituzione conciliare Gaudium et Spes. D’altra parte, se Giovanni Paolo II, dopo il decennio di grande confronto con il comunismo, ha contribuito in maniera determinante al crollo dell’impero sovietico, Papa Roncalli vi ha partecipato dando fiducia a persone che venivano da quel mondo; era solito dire “questi fili della provvidenza non si ha il diritto di spezzarli” ».
L’attenzione per l’unità dei cristiani. «Molto forte in Giovanni XXIII il richiamo all’unità tra i cristiani e quindi all’ecumenismo”. Orizzonte che con Giovanni Paolo II, per il camminare della storia, si dilaterà al dialogo interreligioso, con ciò che ha significato lo spirito d’Assisi».
E ancora il grande discorso sulla pace. «Papa Roncalli è l’uomo che ha firmato l’enciclica Pacem in Terris. Papa Wojtyla ebbe a dire nel suo discorso all’Assemblea generale dell’ONU il 5 ottobre 1995, “con l'aiuto della grazia di Dio, possiamo costruire nel secolo che sta per giungere e per il prossimo millennio una civiltà degna della persona umana, una vera cultura della libertà. Possiamo e dobbiamo farlo! E, facendolo, potremo renderci conto che le lacrime di questo secolo hanno preparato il terreno ad una nuova primavera dello spirito umano”».
«Non vanno fatte delle forzature alla storia», conclude lo storico Roncalli, «ma sono tanti i tasselli di questo mosaico che giustificano, semmai qualcuno ne sentisse il bisogno, il fatto che papa Francesco abbia deciso per questa duplice canonizzazione». Ad «essere canonizzate, infatti, sono sì due grande figure, ma lo è anche un’idea di Chiesa, un rapporto di apertura e fiducia della Chiesa con il mondo. E direi anche un rapporto di grande misericordia, parola che sta tornando di moda fortemente».
Alla domanda espressa da qualcuno sul fatto che la doppia canonizzazione possa togliere una qualche visibilità a Papa Roncalli, Marco Roncalli risponde senza mezzi termini:
«Non si tratta mica di un superpremio a degli eroi. E’ piuttosto un richiamo, una provocazione forte! Mi vengono in mente le parole di Xavier Léon-Dufour: “Fare un santo vuol dire anche fare un appello, una provocazione”».