Due naufragi e più di 70 vittime. La Giornata mondiale del rifugiato nel dolore

Il motore di un’imbarcazione esplode nello Jonio, altre vittime sulla rotta della Libia. Il cardinale Zuppi alla Luiss di Roma: «Più che di “mare nostro” bisognerà parlare di “mare mostro”»
La nave Geo Barents ha attraccato a Genova con a bordo 165 migranti salvati in area libica. Mentre viaggiava, la nave ha recuperato in mare 11 cadaveri che sono stati poi trasbordati su una motovedetta della Guardia costiera vicino a Lampedusa. Foto ANSA/LUCA ZENNARO

Cinque morti e dispersi ogni giorno dall’inizio dell’anno: sono questi i dati forniti dall’Unhcr, Agenzia Onu per i Rifugiati.

I naufragi nel mar Mediterraneo continuano a mietere vittime. Due episodi negli ultimi giorni: 60 dispersi nel naufragio a 120 miglia dalla costa italiana. Il motore dell’imbarcazione è esploso – questa, ad oggi, l’ipotesi più plausibile – e i migranti sono stati sbalzati in mare aggrappati ai relitti della barca. I sopravvissuti sono stati soccorsi da un mercantile e sono sbarcati a Roccella Ionica. Avevano ustioni varie nel corpo, fratture degli arti. Molti di loro sono stati ricoverati in ospedale.

I dispersi dovrebbero essere almeno 60, forse 65 o 66: tra loro dovrebbero esserci anche 26 bambini. Finora sono stati recuperati sette corpi. Una donna, che era stata portata a bordo della nave, che batteva bandiera francese, è morta poco dopo a causa delle ferite riportate. I sopravvissuti, ad oggi, sono solo 11. Una volta tratti in salvo, hanno raccontato la loro storia. Pare fossero partiti otto giorni prima dalla Turchia. L’imbarcazione negli ultimi giorni imbarcava acqua, alla fine il motore si sarebbe incendiato. A bordo non c’erano salvagenti. Chi ce l’ha fatta, è riuscito ad aggrapparsi ai resti della nave fino all’arrivo dei soccorsi. Le ricerche dei dispersi continuano anche con l’ausilio di un aereo Atr 42 della Guardia costiera.

Un’altra tragedia si è verificata il giorno prima, lungo la rotta del Mediterraneo che dalla Libia porta verso l’Italia, e che spesso ha Lampedusa come primo approdo.

La nave Nadir della Ong tedesca Resqship ha soccorso una barca in legno che prendeva acqua e che rischiava seriamente di affondare: a bordo c’erano 61 migranti, 10 dei quali trovati senza vita nella parte inferiore della barca allagata. I 51 sono stati portati sul Nadir e sottoposti alla prime cure mediche. Due di loro erano nello scafo privi di sensi. Provenivano da Egitto, Siria, Pakistan, Bangladesh.

Le 10 bare di migranti trovati morti nel portello della stiva dell’imbarcazione su cui viaggiavano dopo la loro partenza dalla Libia, sono sbarcate sul molo di Porto Empedocle, in Italia, il 19 giugno 2024. Foto: ANSA/Concetta Rizzo

Il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato: questa data è stata voluta dalla Nazioni Unite «per riconoscere – si legge nel sito www.unhcr.org – la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire nel mondo a causa di guerre, violenza, persecuzioni e violazioni dei diritti umani». La prima volta è stata celebrata nel 2017. I dati forniti dall’Unhcr sono allarmanti e parlano di una situazione diffusa su tutto il pianeta: 120 milioni di persone in fuga, 43 milioni i rifugiati.

In questa giornata simbolo, che fa da contraltare alla tragedia che si sta consumando, in 11 città – simbolicamente – saranno illuminati i monumenti principali. Hanno aderito Agrigento, Ancona, Bari, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Torino, Trieste, Verona e Udine.

In occasione dell’incontro “La Forza dell’inclusione” organizzato dall’Unhcr all’Università Luiss di Roma, il cardinale Matteo Zuppi, riferendosi al Mediterraneo, ha usato una frase simbolo: «“Più che il “mare nostro”, è diventato il “mare mostro”». E ha aggiunto: «Mi auguro tanto che il nuovo Parlamento europeo garantisca il diritto all’asilo. E lo si può fare soltanto nella solidarietà. Cioè, parlando tutt’altro che di invasione. Casomai di difesa di diritti. Ogni volta che si mettono in discussione i diritti è pericoloso per tutti. Non solo per qualcuno. Sempre».

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