Due italiani a Parigi
Boldini e Signorini rispondono all'Impressionismo. Prediligendo l'uomo e le sue opere. Due importanti rassegne a Ferrara e a Padova.
Strana epoca il secondo Ottocento. Tutti corrono a Parigi. Scrittori, musicisti, pittori. Hanno ragione. La capitale francese è all’epoca veramente “città della luce” per novità di idee e iniziative. Lo esprimono, con la loro sensibilità, i pittori chiamati – la prima volta con derisione – “impressionisti”; destinati a fare scuola con quei capolavori che tuttora non ci si stanca di ammirare. Valgono le file quotidiane, ad esempio, al parigino Museo d’Orsay.
Parigi dunque accoglie tutti, fior di musicisti italiani, come Verdi, e pittori come appunto Giovanni Boldini e Telemaco Signorini. La capitale affascina. La vita culturale non conosce soste, è ben altra cosa dal provincialismo italiano. I due si immedesimano nel fermento artistico e mondano, dipingono ovviamente en plein air – almeno per un certo tempo –, osservano i lavori di Manet, Monet, Degas e amici. Gli interessa la vita cittadina, quella teatrale e anche quella della campagna. Ma non si lasciano conquistare del tutto dai fermenti parigini.
Il ferrarese Boldini, in primo luogo. All’amore esclusivo per la natura egli preferisce gli interni borghesi o le vie cittadine, dove pullulano personaggi alla moda o il via vai della gente. Conoscendo la perfezione di un Degas, non si avventura troppo nel mondo danzante dello spettacolo, si orienta piuttosto verso signore e signori distinti, dipinti a tratti veloci e vaporosi. La figura umana rimane per lui la protagonista assoluta. Prendiamo una tela come Berthe nella sua bella casa o in giardino o mentre si prepara a passeggiare (1874). La donna è piacente. Appoggiata ad un cuscino rosso all’aperto o sollevando la gonna mentre sta uscendo resta una immagine di salutare freschezza, tra i rossi e i verdi morbidi, fasciata da pennellate rapide, che seguono l’estro dell’improvvisazione. Insomma, Boldini, in questi anni parigini, sta creando il “tipo” di donna fatale, seducente e vicina, per cui diverrà famoso: lontana anni luce dalle donne di un Renoir o di un Manet, calde presenze della natura. Da loro apprende l’uso libero della tavolozza, il costruire le forme col colore e la luce, facendole rimanere terrene: nessun alito metafisico nel pittore ferrarese. Il ritratto di lady Colin Campbell (1894) vede una bella donna, occhi neri, emergere dal grigio indistinto che la circonda. Col petto chiaro su cui si apre una rosa gialla ci guarda diritta negli occhi e aspetta la risposta del nostro sguardo. Si potrebbe dire che è un poco sfrontata. Ma l’umanità di Boldini è così. Rapida e rapace. Boldini non lascia spazio al sogno, o alla contemplazione. È l’uomo padano, erede di un realismo secolare, che tuttavia l’eco parigina ha reso più soffice, meno duro. Elegante e, un poco, vuoto.
Telemaco Signorini è invece un “maledetto toscano”, che gioca a fare il dandy e a girare l’Europa. Più di Boldini diventa un artista internazionale, ammirato anche da un Degas che lo visita nello studio a Firenze. Signorini è un irrequieto, e lo si vede. Passa da squarci paesaggistici luminosi (Vegetazione ligure a Riomaggiore), a vedute cittadine (Sobborgo di Porta Adriana a Ravenna), fino a ritratti di interni intensi, come il celebre Aspettando (1867). Qui è una donna intenta a leggere una lettera di fronte alla finestra aperta. Il gioco della luce che scivola per le cose e la persona rimanda a Manet, le ombre sfumate sanno di un Corot. La ricerca impressionista non è passata invano nemmeno sull’arte di Telemaco. Ma egli, come e più di un Boldini, rivela una attenzione alle sfumature del sentimento, anche alla tenerezza, particolari: nei Bambini colti nel sonno i colori acquerellati ne fanno “sentire” il respiro. Riecheggia certi ritratti infantili di un Renoir, ma con maggiore dolcezza.
Signorini però osa ancora di più: indaga con drammaticità il “sociale”. La sconvolgente Sala delle agitate al san Bonifazio di Firenze è un coro lugubre di un mondo sommerso, la rivelazione di una realtà scoperta per la prima volta. Anche la Francia ha un Toulouse-Lautrec che indaga lo squallore morale degli emarginati. Telemaco ha tuttavia qualcosa di originale, di strettamente italiano: il cuore. Perciò la tela suscita ancora in chi la guarda una tristezza amara, un sentimento di compassione per una umanità che sembra senza speranza. Signorini infatti non osserva soltanto il mondo dei pazzi. Ci entra, e ce ne fa sentire tutta la fatica.
Boldini nella Parigi degli Impressionisti. Ferrara, Palazzo dei Diamanti, fino al 10/1 (cat. Ferrara arte).
Telemaco Signorini e la pittura in Europa. Padova, Palazzo Zabarella, fino al 31/1 (cat. Marsilio).