Due ex presidenti tornano nella Repubblica centrafricana
Appena arrivato a Bangui, l’ex capo di Stato Djotodia, che aveva trascorso solo dieci mesi a capo del Paese, è stato ricevuto in udienza dall’attuale presidente della Repubblica Faustin Archange Touadera.
L’ex guerriero ha annunciato di essere venuto a Bangui per sostenere il processo di pace avviato dalle autorità centrafricane attraverso l’accordo di Khartoum. Michel Djotodia era in effetti a capo della Seleka – una coalizione di gruppi armati ribelli, movimento che aveva fondato e sciolto il mese dopo aver preso il potere –, ma aveva poi continuato a combattere con gruppi di autodifesa chiamati “anti-balakas”.
Significativamente indebolito dalla Sangaris (la forza di intervento francese) e dalla forza multinazionale africana Misca, l’ex Séléka all’epoca dovette ritirarsi da Bangui all’inizio del 2014, rifugiandosi nelle sue roccaforti al nord del Paese e si frantumò in una moltitudine di gruppi armati ribelli. Oggi l’ex guerriero si presenta così come «un ambasciatore di pace». C’è forse un po’ d’ironia nel nuovo compito che si è attribuito da solo…
Nel frattempo, anche un altro ex presidente della Repubblica centroafricana, François Bozizé, è tornato a Bangui, il 16 dicembre scorso, prima clandestinamente, poi trionfalmente sei giorni dopo, per l’accoglienza calorosa tributatagli da migliaia di sostenitori nella capitale, i cui slogan lo hanno incoraggiato a «prendere il potere».
È ancora sotto mandato di arresto internazionale lanciato dalla Repubblica centrafricana nel 2013 per «crimini contro l’umanità e istigazione al genocidio», e anche sotto le sanzioni delle Nazioni Unite per il ruolo avuto nei sanguinosi scontri del 2013. Rovesciato nel 2013 dalla Seleka, l’ex generale che salì al potere nel 2003 dovette lasciare il posto a Michel Djotodia prima di fuggire dal Paese.
Bozizé non ha mai nascosto la sua intenzione di prendere il potere grazie alle urne, e guarda caso ormai si profilano all’orizzonte le elezioni presidenziali del dicembre 2020.
Come promemoria, il 6 febbraio 2019 a Khartum, è stato firmato un accordo di pace tra il governo e 14 gruppi armati, ma anche tra questi stessi gruppi. Da allora, i combattimenti sono diminuiti ma non si sono mai davvero fermati.
Il Paese è ancora controllato al 70% da gruppi armati.