Ducati, nessun miracolo
Guai a definirlo un miracolo . La conquista del Mondiale MotoGp da parte dell’australiano Casey Stoner in sella ad una formidabile Ducati Desmosedici non è la conseguenza di una casuale congiunzione degli astri. Piegare la supremazia dei colossi giapponesi nella classe regina 33 anni dopo la vittoria della MV Agusta guidata dall’inglese Phil Read può accadere solo se si crede da tempo ad un progetto, si lavora meglio degli altri, si programma con determinazione e si compiono scelte coraggiose. Con tre gare d’anticipo, domenica 23 settembre, la Ducati ha festeggiato una vittoria dai molti significati. È arrivata prima con Loris Capirossi, dopo una gara compromessa dalle condizioni climatiche, in cui Stoner è giunto sesto e il grande rivale, Valentino Rossi, è stato attardato da problemi alla gomma anteriore. Il successo di Capirossi replicava quelli delle scorso anno e dell’anno precedente. Uno vero e proprio sgarbo nei confronti dei giapponesi, perché si è corso nella loro terra. Di più, il circuito di Motegi è della Honda. Con la differenza, però, che questa volta non si è trattato solo della vittoria di una gara ma del Mondiale. La veneta Aprilia da anni sconfigge giapponesi, spagnoli e austriaci. Ed anche in questa stagione si è già portata a Noale i titoli delle classi 125 e 250. Ma dal 1974 nessuna moto italiana era riuscita a superare gli avversari nella serie più prestigiosa. Davide ha piegato Golia. E i numeri evidenziano la differenza abissale per moto vendute nel 2006 (la Ducati 32 mila, la Honda 10,3 milioni), per dipendenti (1.043 rispetto a 120 mila), per stabilimenti (uno davanti a 81) e per fatturato (305 milioni contro 68 miliardi). Il merito va al 21enne Stoner, rivelatosi un talento e un duro dietro quella faccia da ragazzino timido. Nel 2006 era caduto troppo spesso sulla Honda non ufficiale. Con la Ducati, invece, è sbocciato e maturato, tanto da sopportare la pressione di un Rossi che non ci stava a perdere il mondiale per il secondo anno consecutivo. Dietro il cammino trionfale della Ducati c’è un segreto particolare: avere fatto tesoro delle avversità. Nella stagione d’esordio, 2003, arriva la prima vittoria, con Capirossi – artefice dell’evoluzione del progetto -, ma l’anno successivo i risultati sono deludenti. La Ducati prova ad ingaggiare Valentino Rossi, però l’operazione non riesce. Al- lora, matura la scelta di affrontarlo con altre armi, cioè con altre gomme. Da qui, la scelta rischiosissima – ma rivelatasi lungimirante – di passare alla Bridgestone. Sono seguiti due anni con alcuni successi alternati a mediocri prestazioni. Più di una volta ci siamo interrogati sul nostro lavoro, per esempio nel 2004, quando le cose andavano male, racconta Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati Corse. La soluzione? La nostra forza è stato il rapporto personale tra me, Livio Suppo, responsabile del progetto MotoGp, e Filippo Preziosi, il padre della moto. Non abbiamo mai litigato, né cercato capri espiatori. Ecco l’altro segreto, il gioco di squadra: solo insieme si raggiunge l’obiettivo. Lo scorso anno la Honda ha imposto un cambio tecnico, facendo ridurre la cilindrata da 990 agli attuali 800 cc. Ufficialmente per ragioni di sicurezza (moto meno potenti, ma poi altrettanto veloci), in realtà per mettere in difficoltà gli altri costruttori, ad incominciare dai piccoli (leggi Ducati). Ed invece l’azienda emiliana di Borgo Panigale ha saputo far meglio di tutti. Ma le avversità non erano finite. A fine 2006, la Ducati prova ad ingaggiare Hayden, ma riceve un diniego. Chiede a Melandri e la risposta è un rifiuto. Stoner è solo la terza scelta. Inizia la stagione 2007. La Desmosedici è più veloce delle blasonate concorrenti. Troppo veloce. Tanto che un venticello semina il dubbio che la cilindrata non sia 800.Motore smontato. Tutto regolare. Un’altra brezza tra i box sussurra di un serbatoio nascosto per un supplemento di benzina oltre i 21 litri consentiti. Esito negativo dai controlli ufficiali. Acqua passata. Adesso, va bene pure che Valentino non sia salito sulla Desmosedici. Si sta rivelando un’eccellente operazione pubblicitaria, perché Rossi risulta più utile come avversario che come pilota della casa. Vincente sulla Ducati, avrebbe oscurato la moto. La Rossa, invece, ha dominato senza bisogno di Rossi. Delle difficoltà superate, ne sa qualcosa anche Filippo Preziosi, il 39enne ingegnere perugino, che ha progettato la moto più veloce (340 km orari). Lui la guarda dalla sua sedia a rotelle, su cui sta dal 2000, dopo un incidente in moto in Algeria. Da qualche gara Honda e Yamaha sostengono che le Bridgestone sono determinanti. Così hanno già fatto pressione per cambiare il regolamento tecnico e passare nel 2008 alla gomma unica. Il motivo è ridare equilibrio alla competizione iridata. Nei fatti, si tenta di penalizzare la Ducati. Eppure nel 2004-2005, i primi cinque piloti della classifica mondiale erano gommati Michelin, ma nessuno ritenne che Ducati, Suzuki e Kawasaki fossero svantaggiate per colpa delle Bridgestone. Le regole, ancora una volta, non sono uguali per tutti. A Borgo Panigale lo sanno, ma non fanno storie più di tanto. Vogliono chiudere in bellezza questa stagione e prepararsi alla prossima con ancora maggiore determinazione. Confermarsi è più difficile che vincere. Il messaggio che mi piacerebbe passasse con la nostra vittoria – sostiene Preziosi – è che siamo un Paese di grandi individualità, che, se vuole, sa lavorare in squadra e ottenere grandi risultati anche in campo industriale. Dobbiamo solo avere fiducia in noi stessi.