Draghi: l’economia rispetti le persone
La lectio magistralis del governatore della Banca d’Italia ha aperto la Biennale Democrazia a Torino
«La globalizzazione integra le economie, ma la politica rimane ancorata alla dimensione nazionale, spesso inadeguata ad esercitare un’influenza rilevante sui processi d’integrazione. La cooperazione internazionale è più che mai necessaria». Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, ha cominciato così, citando anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la sua lectio magistralis, che ha aperto la seconda edizione della Biennale Democrazia a Torino.
Draghi è partito dall’analisi della crisi internazionale degli ultimi tre anni per poi arrivare all’Italia in una panoramica degli ultimi 150 anni, ricordando come, dopo il Risorgimento, il nostro Paese seppe tramutarsi in uno Stato fra i più ricchi del mondo. «Il nostro paese – ha detto Draghi – ha pagato un prezzo alto e ne esce con i suoi problemi strutturali ancora da risolvere. Nella retrospettiva secolare balza agli occhi la forza formidabile che ha trasformato in Paese avanzato un’economia che era nel 1861 ai margini dei processi di modernizzazione in atto in Europa. Una forza sprigionata dalla necessità di adeguarsi ai cambiamenti tecnologici e di mercato che rivoluzionavano il mondo. Questa capacità di sviluppo, impetuosa alla fine dell’Ottocento e poi ancora dopo la seconda guerra mondiale, risiedeva in ultima analisi nelle persone: negli imprenditori e nei lavoratori italiani va ritrovata, per sciogliere i nodi che stringono le nostre prospettive di crescita. La politica economica deve saper creare quell’ambiente istituzionale in cui la capacità dell’economia di svilupparsi possa dispiegarsi appieno».
Se sono gli italiani ad aver fatto grande il Paese, oggi per Draghi siamo di fronte a sfide importanti nella cooperazione internazionale. «L’accresciuta interdipendenza delle economie – continua il Governatore – e l’assetto tendenzialmente multipolare degli equilibri mondiali esigono riforme coraggiose nel sistema di cooperazione economica internazionale, in particolare in campo finanziario. Non farle porterebbe inevitabilmente al protezionismo, con il sacrificio del benessere di tutti e della qualità democratica nella nostra vita civile».
Tre sono le aree indicate su cui intervenire: la global governance, cioè regole e procedure che rendano coerenti le decisioni di politica economica prese dai singoli Stati; la riforma della regolamentazione del sistema finanziario mondiale; la struttura di governo dell’Unione europea, dove c’è un parte monetaria completata ed una economica ancora incompleta.
«È indispensabile – continua Draghi – per la stessa solidarietà fra i paesi dell’area, che si fissino con criteri rigorosi i confini delle responsabilità di ciascuno. Il Patto di stabilità e crescita impone ai paesi di raggiungere nel medio termine il pareggio di bilancio strutturale, riducendo il disavanzo pubblico di almeno lo 0,5 per cento l’anno in rapporto al prodotto interno lordo. È un impegno già sottoscritto dagli Stati membri».
Il finale della sua lezione è tutto dedicato a democrazia ed economia. «Democrazia e mercato – ha affermato il governatore Draghi – hanno alla lunga bisogno l’una dell’altro, ma coesistono in una costante tensione, che deve essere sempre al centro dell’interesse della politica, a cui spetta tracciare i confini fra i diritti irrinunciabili delle persone e l’agire del mercato. Il capitalismo deve essere regolato, come hanno insegnato gli stessi maestri del pensiero liberale, in primo luogo Luigi Einaudi. Nel mondo d’oggi la regolazione è molto più efficace se può contare su strumenti globali; la riforma del sistema finanziario internazionale sarà uno dei fondamenti su cui poggerà il governo del rapporto fra mercato e democrazia».
Ma ci si chiede anche se il rischio in un’ipotetica tecnocrazia globale sia un deficit democratico. «Il “render conto delle proprie azioni” con trasparenza – conclude Draghi – nei tempi e nelle forme prescritte dalla legge, è la chiave per risolvere ogni potenziale tensione fra autorità indipendenti e istituzioni politiche. Questa lezione, appresa dalla storia delle moderne banche centrali, va applicata ovunque serva… L’Unione europea è un punto di riferimento nel mondo per come ha saputo sviluppare negli anni una forma originale di governo, fondata sugli Stati sovrani, ma dotata di strutture sovranazionali volte alla soluzione di problemi comuni. Il suo assetto è in evoluzione. I successi si accompagnano con tensioni fra Stati e fra questi e le istituzioni comunitarie. Ma per noi italiani, per noi europei, l’Unione è la condizione essenziale per progredire ancora».