Dove va la musica?
Musicisti, teologi, pedagogisti a Loppiano. Un dialogo sul futuro della musica.
Come si interpreta Bach, oggi, a oltre 250 anni dalla morte? Come mai la musica classica contemporanea non raggiunge il grande pubblico?
Sono parecchie le domande che vengono poste al primo Laboratorio (8‑10 aprile) “Intorno a Bach ‑ Tra creatività e interpretazione” con docenti delle università di Padova e di Trento, musicisti come il violinista Enzo Porta e la clavicembalista Emilia Tadini, teologi ed esegeti come Piero Coda e Gerard Rossé.
Non succede spesso che nei convegni su una determinata forma d’arte intervengano specialisti di altri settori che in apparenza hanno ben poco a che fare con essa. Eppure, quando si dialoga sul serio, nell’ascolto reciproco, nascono delle sorprese. Come lo è stato per la trentina di partecipanti al “laboratorio”: nulla si è dato per scontato, nessun protagonismo. Ciascuno ha offerto dei contributi per cercare di scoprire qualcosa in più sulla verità nell’arte dei suoni.
È stato utile verificare, ad esempio, con Rossè, come un esegeta si trovi davanti a un testo biblico nella stessa condizione di un interprete di fronte a una partitura: sono testi che restano «lettera morta se non viene qualche interprete o lettore che gli dà vita», evidenziandone “sensi vari” o, nel caso musicale, “mille sfumature”.
Qui entra in gioco il tema della libertà e della creatività in una interpretazione. Racconta la Tadini l’episodio di due allievi che eseguono una Sonata di Scarlatti in modo del tutto opposto, sconcertando il preside del Conservatorio di Milano…
Un contributo a questa tematica lo offre Piero Coda confrontando le intuizioni mistiche di Chiara Lubich e quelle filosofiche di Luigi Pareyson, i quali giungono alla medesima conclusione: nel dialogo si scopre che «la verità è polifonica». Di qui la necessità della interdisciplinarietà dei saperi, il confronto sereno tra le diverse discipline e anche le differenti visioni della vita, cristiane e no, come è accaduto a Loppiano.
E la musica? Forse i musicisti contemporanei dovrebbero più dialogare insieme per esprimere l’anima di oggi. Ma ciò vale anche nell’esecuzione di brani antichi, come è successo nel concerto finale dove passato e presente si son alternati con naturalezza. Forse, frutto di un laboratorio, prima umano che culturale, destinato a proseguire nel 2012 fra Padova e Trento.