«Dov’è tuo fratello?». Lampedusa ad un anno da Bergoglio
Hanno dormito tutta la notte sul molo Favarolo, avvolti in coperte termiche i migranti che superando la barriera di Mare Nostrum sono approdati ieri pomeriggio a Lampedusa. L’isola si preparava a celebrare l’anniversario della visita del papa e nel locale cimitero una preghiera avrebbe ricordato i defunti locali e le vittime del naufragio, quando il peschereccio è entrato in porto scortato dalla guardia costiera e poco dopo sono iniziate le operazioni di sbarco. Garantiti i primi soccorsi, la banchina si è trasformata in sala d’attesa per la nave o gli aerei che dovrebbero condurre questi viaggiatori in altre città italiane. Il centro di prima accoglienza è chiuso e i pochi migranti rimasti prima di quest’ultimo sbarco vagano per le strade senza una dimora nonostante il parroco don Mimmo abbia chiesto di aprire all’ospitalità “La casa della fraternità”, l’oratorio della parrocchia che durante l’emergenza del 2011 aveva alloggiato centinaia di minori, non accompagnati.
Gli sbarchi e l’emergenza del marzo di tre anni fa sono documentati dalla mostra “Non si ripeta per favore” 8 luglio 2013, allestita nel salone parrocchiale. Tre grandi sale espongono le foto di tre momenti della quotidianità di Lampedusa: gli undicimila sbarchi, i momenti della visita di papa Francesco, la tragedia dello scorso 3 ottobre quando annegarono oltre 300 persone. I volti e gli occhi sono immortalati sulle pellicole assieme al papa che abbraccia un piccolo lampedusano e lancia la corona in acqua. Poi ci sono gli scatti sulle tombe del cimitero: alcune sovrastate da un numero, le stesse cifre assegnate a ciascuno di quelli che mettono i piedi sulla terraferma da vivi; qualcuna porta il nome perché un parente sopravvissuto ha potuto riconoscerla e identificarla. La mostra è stata curata da sei giovani dell’isola, tra cui Enza Billeci, la corrispondente di Città Nuova.
Il papa ha fatto giungere un suo messaggio al vescovo di Agrigento Francesco Montenegro, che ha presenziato a diverse celebrazioni, condividendo le gioie e le attese dei suoi fedeli. «A distanza di un anno il problema dell’immigrazione si sta aggravando e altre tragedie si sono purtroppo susseguite ad un ritmo incalzante – scrive Bergoglio –. Il nostro cuore fa fatica ad accettare la morte di questi nostri fratelli e sorelle, che affrontano viaggi estenuanti per fuggire da drammi, povertà, guerre, conflitti, spesso legati a politiche internazionali. Mi reco ancora una volta spiritualmente al largo del mare Mediterraneo per piangere con quanti sono nel dolore e per gettare i fiori della preghiera di suffragio per le donne, gli uomini e i bambini che sono vittime di un dramma che sembra senza fine». Francesco invita a non cedere alla «logica dell’indifferenza», chiede ospitalità e condivisione e chiama in causa le istituzioni anche europee perché «siano più coraggiose e generose nel soccorso ai profughi», non risparmiando neppure le comunità cristiane invitate dal papa a tendere la mano « senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione».
I turisti partecipano a loro modo a quest’anniversario e alle celebrazioni. Un emiliano mette nelle mani di una ragazza lampedusana tre euro e 50: «Compragli dei fiori anche se non li abbiamo conosciuti. Aiutateci almeno voi a non dimenticarli». «Sono eroi che rimangono fedeli alla loro idea politica e religiosa» ha commentato padre la Manna del Centro Astalli di Roma.
Le telecamere, da varie parti d’Italia e del mondo, stanno puntando qui i loro riflettori da qualche giorno e assieme ai vip come Claudio Baglioni e Marina Berlusconi, che con guardie del corpo a seguito ha abitato la casa acquistata dal padre, inquadrano anche quella quotidianità spicciola dei lampedusani a cui la crisi non risparmia disagi e problemi. Accanto alla festa poi ci sono i paradossi: l’inagibilità del campo di calcio a seguito della visita papale. La rete che lo circondava, per consentire maggiore partecipazione alla messa era stata divelta, ma dopo 365 giorni nessuno l’ha rimessa in sesto. Il risultato è che la locale squadra di calcio non ha mai potuto disputare una partita in casa, per il regolamento che vieta di giocare in stadi non delimitati e così si è data alle trasferte, ma esauriti i fondi ha abbandonato il campionato. Ora si parla di finanziamenti per la viabilità con cifre che si aggirano su parecchi milioni di euro, speriamo che qualche spicciolo venga anche investito per restituire dignità all’unico luogo sportivo pubblico sull’isola, adibito all’ingresso, in altre occasioni, a deposito dei barconi della morte, mentre reclama una vita e una normalità che anche un pallone in cuoio può restituire.