Dove l’amore costruisce ponti

In seguito a una visita fisiatrica sto frequentando una palestra per terapie di rieducazione motoria, teens e massaggi. Avendo dovuto curare dapprima le ginocchia e la schiena, poi le spalle, le cure si prolungano per parecchi mesi.

Con nel cuore un pensiero che un’amica mi aveva inviato tempo fa: «Nessun’anima sfiori la vostra invano», entrando in quell’ambiente ho chiesto a Gesù che Lui, attraverso di me, doni qualcosa della sua luce alle persone che incontro lì. Sono persone di varie età, estrazione sociale, idee religiose. Fisioterapiste molto gentili, altre meno, persone molto delicate, altre che esprimono opinioni molto poco caritatevoli.

Non è facile amare tutti e sempre, ma una cosa mi viene particolarmente nell’anima: «Vedo l’umanità con l’occhio di Dio che tutto crede perché è Amore. Vedo e scopro la mia stessa Luce negli altri, la Realtà vera di me, il mio vero io negli altri (magari sotterrato o segretamente camuffato per vergogna) e, ritrovata me stessa, mi riunisco a me risuscitandomi – Amore che è Vita – nel fratello» (Chiara Lubich, Resurrezione di Roma).

Così, ogni giorno cerco di cogliere le occasioni di amare. E si costruiscono rapporti. Con la fisioterapista neocatecumenale condivido le esperienze del suo Movimento, ed avendo una foto scattata a Kiko Argüello all’uscita di San Pietro dopo un incontro col Santo Padre, gliela regalo con sua grande gioia.

Vedo un’altra fisioterapista più pensierosa del solito e le chiedo se c’è qualcosa che non va: è in pena per il fratello ricoverato in una clinica di un’altra regione per un delicato intervento chirurgico. Le prometto di pregare per lui e il giorno dopo mi informo come è andata, e così finché viene dimesso. Lei ne è commossa e mi ringrazia: «Non ho mai incontrato persone come lei; se ce ne fossero di più, il mondo sarebbe più bello». Il suo “grazie” diventa opportunità per dire che ognuno di noi può rendere il mondo migliore, magari anche solo con un sorriso, un gesto, una parola… pensiero che lei raccoglie.

A volte capita di dover aspettare il turno per l’esercizio alla carrucola. Cerco di mettermi d’accordo con il fisioterapista dell’altro paziente e dopo qualche giorno, lui che è un tipo piuttosto “rustico”, organizza i turni in modo che io non debba aspettare. Anche con le altre fisioterapiste, il fisiatra, le signore della recezione e alcune pazienti si creano rapporti molto belli. Quando si meravigliano del mio essere in Sardegna, essendo lombarda e provenendo dal Lazio, spiego qualcosa della mia scelta di vivere per un mondo unito nel cuore del Movimento dei Focolari e qualcuno ne è interessato. Il fisiatra mi dà il suo numero di cellulare per mandargli nostre notizie, soprattutto quanto riguarda i giovani, perché ha due figlie adolescenti a cui vuole offrire loro proposte nuove. Una ragazza di 16 anni mi dà il suo indirizzo e mi chiede di andare a trovarla.

Per qualche mese c’è anche una giovane paziente che a seguito di un incidente deve riacquistare l’uso delle articolazioni. Non possiamo parlare molto, dato che siamo curate da due terapisti diversi, ma nei rari momenti che ci troviamo vicine iniziamo a scambiarci i saluti. Un giorno mi chiede se sono una focolarina e aggiunge che è stata una gen4 e poi gen3. Ha lasciato il Movimento, ma i suoi ricordi più belli sono quelli delle Mariapoli a cui aveva partecipato. Da qualche anno lavora in un’agenzia dell’Onu, dove ha svolto compiti delicati, come portare aiuti umanitari nei posti colpiti da calamità naturali o epidemie, recentemente su una nave di migranti in quarantena. «Come vedi Chiara mi ha lasciato nell’anima l’impegno ad amare. È anche questa una missione, vero?». E continuiamo a mantenerci in contatto.

Con il trasferimento in Veneto ho iniziato altre terapie e anche qui la mia esperienza è che, se abbiamo a cuore l’altro, ecco… il mondo diventa davvero migliore.

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