Dove la pietra è sovrana
Dai muri a secco fino ai celebri trulli: alla scoperta dei paesaggi rupestri della Puglia.
Cosa provino gli indios discendenti dagli antichi popoli precolombiani, mentre si aggirano spaesati fra le vestigia di civiltà così superiori al loro "status" attuale, credo lo si possa intuire anche da noi in Italia, che di più di una fiorente civiltà è stata crogiuolo. Ammirato stupore e, perché no, senso di inadeguatezza, possono coglierci non solo – il che sarebbe ovvio – davanti a certi irripetibili capolavori d’arte, ma perfino a certe realizzazioni, per così dire, minori: quelle di cui oggi sembra capace solo l’esperto, mentre erano alla portata di un qualsiasi buon artigiano del tempo antico.
Mi riferisco – per fare un esempio – ai muri a secco che caratterizzano i paesaggi della Puglia. Chi oggi saprebbe lavorare con tanta sapienza la pietra, sì da farne, pur nella dimessa funzionalità di queste strutture, qualcosa anche – passi la parola – di "artistico", nonché in perfetta armonia con l’ambiente? Non parliamo poi dei trulli, abitazioni del popolo che colpiscono per l’eleganza e la "necessità" quasi naturale con cui – fiori di pietra – sbocciano dalla terra. Tutto l’altopiano della Murgia è costellato di queste singolari costruzioni un po’ misteriose, sulla cui origine si son fatte le più varie congetture.
Comunque sia, una cosa appare evidente: se si vuole erigere una costruzione completa di tetto usando unicamente delle pietre piatte sovrapposte senza malta, l’unica forma possibile è quella del trullo. Provare per credere. Perché poi senza malta? La spiegazione in un fatto storico. Nel XVII secolo quel furbacchione di Gian Girolamo II conte di Conversano, per evitare di pagare al re di Napoli tasse in proporzione al numero e al valore delle case nel suo feudo di Alberobello, impose ai contadini di costruirsi abitazioni impiegando esclusivamente pietre a secco. Così, alle prime avvisaglie di ispezioni in loco da parte dei regi gabellieri, i villaggi di trulli si potevano facilmente "smontare" e, dopo il loro passaggio, rimontare.
La pietra, dunque, è sovrana in tutta la Puglia, ma specie nella Murgia. Calcare o tufo che sia, non solo ha fornito materiale da costruzione per le sue città, ma ha dato origine, dalla preistoria fino all’epoca bizantina, anche ad interi abitati rupestri scavati nei dirupi delle sue "gravine". Con essa hanno avuto a che fare quanti si sono susseguiti, nel corso dei secoli, in questa terra antichissima: dai peucezi e messapi ai romani, ai greci di Bisanzio, ai longobardi, ai pirati dalmati e saraceni, ai normanni, agli svevi di Federico II, agli Angiò, agli Aragonesi.
Preziosa per un verso, dall’altro la sua natura calcarea assorbiva come una spugna, senza trattenerle, le acque piovane. Le quali, penetrando nelle profondità del sottosuolo dove hanno creato alcune fra le più spettacolari grotte naturali in Europa, venivano pur sempre sottratte all’agricoltura. Cosa dunque ha potuto trasformare la Murgia dei trulli, un tempo brulla e desolata, nel giardino odierno florido di olivi e viti, di ortaggi e fichi e mandorli? Pochi lo sanno, ma è stata l’oscura e lenta opera degli antichi coltivatori che, dopo aver messo a nudo il sottofondo roccioso dei loro campi, lo hanno praticamente impermeabilizzato con uno strato di terra argillosa, prima di sovrapporvi quella utile alle coltivazioni, consentendo sia l’assorbimento immediato delle piogge sia lo sfruttamento, in periodi e siccità, dei depositi sotterranei di acqua eccedente. Uomini davvero da ammirare: non solo perché han saputo egregiamente domare la pietra, ma perché – si può dire – hanno faticato, più che per sé stessi, per quelli che sarebbero venuti. Tanto estranei erano al "tutto e subito" che contraddistingue la nostra epoca.