Dov’è il corpo di mio marito, Gheddafi?
Ieri, 21 ottobre, la vedova di Muammar Gheddafi, Safia, ha lanciato un appello al Consiglio di sicurezza dell'Onu, all'Ue ed alle organizzazioni in difesa dei diritti umani affinché le venga consentito di sapere dove si trovi sepolto il corpo del marito, ucciso due anni fa alla caduta del regime.
Sono ancora vive nella memoria di ciascuno le immagini forti e ripugnanti del corpo dell’ex dittatore postate sul web dai suoi stessi assassini e poi rilanciate dalle televisioni di tutto il mondo: riprese che hanno suscitato controverse prese di posizione sull'utilità di esporre un uomo, pur dittatore, a tale orrido spettacolo.
Oggi quel cadavere è sepolto chissà dove nel deserto. Solo due persone sanno il luogo preciso: erano due componenti del Cnt, il Consiglio nazionale transitorio. A loro, nel 2011, venne affidato il cadavere per la sepoltura segreta. All’epoca si aveva paura. Paura soprattutto che il luogo di sepoltura diventasse un luogo simbolico per le forze dei fedeli al regime, a capo delle quali, minaccioso, stava il figlio del despota, Saif el-Islam. Ma c’era anche un’altra ragione: insieme al corpo si puntava a seppellire anche le polemiche legate al linciaggio e alla barbara uccisione del colonnello.
Sono trascorsi più di due anni da quell'epilogo sanguinoso e ora Safia chiede il corpo del marito. Le paure di quell’ottobre 2011 sembrano scongiurate: Saif è in cella a Zintan, in Libia, e il Paese ha un governo eletto democraticamente, sebbene perennemente in lotta per vincere l’anarchia e scongiurare il sopravvento dei diversi gruppi armati, legati alle varie etnie che popolano la Libia.
Quella di Gheddafi rischia di essere un’altra macabra “questione di corpi” in questa triste attualità. Le immagini delle bare nell’hangar dell'aeroporto di Lampedusa ancora feriscono i nostri cuori; il destino di un altro corpo illustre, quello di Priebke, non smette di far parlare di sé; ora torna in scena anche quello di Gheddafi.
Corpi e polemiche: non si poteva compiere un gesto, una piccola cerimonia, ovviamente a Lampedusa per quelle bare, spesso senza un nome, tumulate troppo in fretta e senza la presenza dei sopravvissuti? E quante strumentalizzazioni si sono fatte sul corpo di Priebke, da una parte e dall’altra? E ora: non sarà legittimo riconoscere il diritto a una vedova di riabbracciare idealmente il corpo del coniuge, a prescindere da quello che è stato il ruolo politico del marito?
Questo il punto. Siamo davvero tutti uguali di fronte alla morte?