Dove i maya capivano il Cielo

Viaggio in America Centrale, a Caracol, uno dei maggiori siti della regione, al confine tra Belize e Guatemala. Pensieri sparsi. Solo. Silenzio. Dio. Un ricordo indelebile.
Caracol

Scrivo sul mio taccuino: «Un momento di riposo sulla sommità del palazzo Caana, la costruzione più elevata tra tutte quelle che sono state riesumate a Caracol.

Sospeso nella giungla, assolutamente sospeso nel tempo e nello spazio. Ho lasciato tutte le contingenze umane, almeno così mi sembra, sovrastando pietre, uomini e natura. Quassù si scorgono territori dove per chilometri e chilometri non c’è anima viva, solo il vento che soffia, il sole che schiaccia, il verde della vegetazione che pacifica.

Da quassù penso al Creatore che continua a creare e che lascia morire, anche le civiltà più sviluppate, anche la bellezza creatrice dell’uomo, anche imperi che varcano valli e montagne. Nulla e tutto, Dio mi chiama, ora e sempre, come ora e sempre ha chiamato ogni uomo e ogni donna a vivere appieno la propria vita, qui e ora.

Solo. Silenzio. Scimmie urlatrici. Tombe. Lucertole multicolori. Eserciti di formiche. Nuvole bizzarre. Boscaglia. Manti di fiori rossi, gialli, blu. Tu. Dio. Mio Dio. Anche qui. Solo qui. Perché tu sei il mio Dio. E io sono il tuo Dio.

Blasfemia? No, Vangelo. Cristo m’ha fatto Dio. Dio in Dio, luce da luce. Partecipazione misteriosa alla comunione del cosmo. Resta solo la comunione con Dio. E con il Dio degli uomini, che incontrerò scesi i 97 gradini della magnificenza di Caana. Non siamo poi così lontani dal mistero evangelico.

 

Il resto è ricordo indelebile.

(dal blog di Michele Zanzucchi)

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