Dove guarda Gaudì
Il significato della Sagrada Familia, la basilica di Barcellona, opera incompiuta del genio catalano. Dalla Bellezza alla Verità
È una tale foresta di simboli, la Sagrada Familia di Antoni Gaudì, che parla, reca un messaggio in ogni sua pietra: messaggio di una evidenza luminosa per il credente, talvolta di ardua decifrazione o addirittura sconcertante per chi non lo è; ma sempre stimolante, in quanto rinvia ad una realtà diversa da quella che cade sotto i sensi.
Estranei all’opera dell’artista catalano, di cui è iniziata la causa di beatificazione, sono invece i significati esoterici e gli inquietanti messaggi apocalittici che vorrebbe insinuare un romanzo pubblicato qualche tempo fa, dove si ipotizzava perfino, a proposito della fine di Gaudì, un omicidio invece della morte accidentale (venne investito da un tram, senza poter vedere compiuta la sua opera). Ma lasciamo da parte le fantasie di un autore che cavalcava certe mode del momento per compiacere quanti appaiono amici delle tenebre piuttosto che della luce, e rivolgiamo invece l’attenzione a Gaudì stesso e al suo tempio in perenne divenire, un po’ come questo nostro mondo terreno in marcia verso la sua patria definitiva.
Il percorso di essenzialità del geniale architetto va inteso come un risalire all’Origine, unica fonte di vera originalità, e il complesso simbolismo da lui usato nella sua opera maestra è un modo di introdursi in questa preghiera fatta di pietra. Racconto divino e umano, antico e sempre nuovo, la Sagrada Familia è un racconto ancora aperto, come il cantiere che il visitatore scopre a Barcellona. Senza dimenticare l’apporto originale – pur nel rispetto dell’ispirazione originaria – di altri artisti come lo scultore catalano Josep Maria Subirachs. Del resto lo stesso Gaudì, poco prima della sua morte, aveva affermato: «So già che il gusto personale dei miei successori condizionerà i lavori della Sagrada Familia. Ma questo non mi dispiace. Credo che sarà a beneficio del tempio (…). I grandi templi non sono mai stati opera di un unico architetto».
Un altro di questi continuatori è lo scultore giapponese Etsuro Sotoo, che in simbiosi creativa con la Sagrada Famiglia a partire dal 1978 vi ha realizzato centinaia di statue, completando nel 2000, con i quindici angeli, la facciata della Natività iniziata da Gaudì più di cent’anni prima. Singolare è il percorso artistico e spirituale di questo figlio del Sol Levante. Folgorato dal tempio barcellonese, da allora il suo sogno è stato di potervi lavorare; ma come entrare nell’universo artistico di questo monaco nel deserto della città – così è stato definito Gaudì – appartenente ad una cultura tanto diversa dalla sua? Dall’evidenza che l’architetto era inscindibile dal credente, è nata in Sotoo l’esigenza di approfondire le fonti cristiane dalle quali aveva tratto ispirazione il suo maestro catalano.
A suo parere, «un’opera d’arte grande come la Sagrada Familia non si può intendere senza intravedere la direzione verso la quale ci voleva portare il suo creatore. Allora ho compreso che non dovevo guardare Gaudì, ma guardare là dove lui guardava».
Sempre una architettura condiziona nel bene e nel male l’uomo per il quale è fatta, che la “vive” e la abita. Così da questa grande opera ispirata, e da lui assiduamente vissuta, Sotoo è risalito al Gaudì uomo e cristiano, fino a incontrare il Dio di Gesù Cristo e chiedere il battesimo. Commovente è la testimonianza di questo lungo percorso che, partito dalla Bellezza, è sfociato nella Verità.