Dopo il rimpasto, un “governo di lotta”

Il Presidente Sarkozy riconferma il primo ministro Fillon e si prepara alle presidenziali del 2012, ma la sua popolarità è in calo. Dal nostro corrispondente
nicolas sarkozy

Il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, ha nominato nei giorni scorsi il nuovo governo, dopo la crisi dell’esecutivo guidato da Francois Fillon e un’epopea politico-mediatica durata sei lunghi mesi. In realtà, poco è cambiato. Il nuovo governo, infatti, è frutto di un rimpasto: continua ad essere guidato da Fillon e al proprio posto sono rimasti anche numerosi ministri. Per l’opposizione, nulla è cambiato. Per la maggioranza, invece, vista l’uscita degli ex socialisti e l’arrivo dei conservatori, con uomini fedeli a Jacques Chirac, quello che si è insediato è un “governo di lotta”, necessario per affrontare le prossime elezioni presidenziali del 2012.

 

Una constatazione tuttavia è necessaria: la popolarità della politica di Sarkozy e dei ministri centristi più in vista (Jean-Louis Borlo, Hervé Morin) è in calo.

 

Nella conferenza stampa di martedì 16 novembre, Sarkozy ha presentato alcune piste di lavoro. Innanzi tutto, ha utilizzato toni più moderati, abbandonando temi difficili come l’identità nazionale, «un’espressione – ha detto – che è stata compresa male»: un tentativo di giustificare la gaffe sui rom. Poi ha mostrato preoccupazione per la disoccupazione giovanile e degli adulti e ha parlato di una politica fiscale più giusta. Fermo rifiuto, inoltre, di un’eventuale collaborazione con il Fronte nazionale.

 

Nominato presidente del G20, nei prossimi mesi Sarkozy avrà una grande esposizione mediatica internazionale. Inoltre dovrà lavorare per le elezioni presidenziali del 2012. Da qui il rinnovo del mandato a Fillon, «che – ha detto il Sarkozy – ha tutta la mia fiducia», ma che in base ai sondaggi è anche più popolare del Capo dello Stato. Pochi cambiamenti, dunque, ma c’è una partita politica in corso tra le differenti sensibilità del partito del presidente, l’Ump, con le divisioni dei socialisti e la sinistra e un centro che ha già 3 o 4 leader, ognuno dei quali si sente un potenziale presidente. Per tutti, un unico obiettivo, le presidenziali del 2012.

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