Dopo i Giochi la “lunga marcia” cinese continua
IGiochi di Beijing 2008 sono stati definiti dal presidente del Comitato olimpico internazionale Jacques Rogge veramente eccezionali e dal suo predecessore Samaranch i migliori della mia vita. Adesso seguono quelli paralimpici, negli stessi luoghi diventati ormai un’icona, come lo stadio o la piscina. Ma i cinesi guardano già lontano: tra due anni ci sarà l’Expo a Shanghai. E nel frattempo ci sono altre sfide stimolanti nella seconda lunga marcia nella storia moderna cinese. Certo, i cinesi sono orgogliosi dell’esito delle Olimpiadi in tutti i sensi. Sono fieri di loro stessi perché sono stati i primi protagonisti della riuscita, sostenendo l’evento fin dall’inizio, in alcuni casi con notevoli sacrifici personali. Ma valeva la pena, perché ciò risponde alla logica di una cultura che guarda al bene della collettività. Una medaglia d’oro va perciò assegnata agli oltre 100 mila volontari, che hanno giocato un ruolo cruciale – sorridenti, accoglienti, disponibili -, mostrando un altro volto della Cina. Peccato, però, che un tale avvenimento sportivo, perché svoltosi in Cina, sia stato altamente politicizzato. Subito dopo i Giochi, ad esempio, la stampa internazionale ha messo in evidenza una notizia riportata dal quotidiano Le Monde: secondo il Dalai Lama, presente in quei giorni in Francia, i soldati cinesi avrebbero ucciso 140 tibetani. Il portavoce del Dalai Lama ha dovuto smentire, perché la frase era stata male interpretata. Ma quanti hanno letto la rettifica? Governi, organizzazioni e singole persone hanno preso posizione nei confronti della Cina a proposito del suo sistema politico, dei diritti umani, della libertà religiosa, di Taiwan, del Tibet e di altre problematiche. Sui singoli argomenti possono anche esserci delle buone ragioni… Ma è opportuno anche domandarsi: possibile che un miliardo e trecento milioni di cinesi ignoranti si sottomettano alla dittatura di un regime che non tiene conto del loro bene? Il fatto è che la questione cinese è troppo politicizzata nella comunità internazionale, al punto che è molto difficile, se non impossibile, affrontarla con serenità e obiettività, fattori essenziali per una critica credibile e costruttiva. Le Olimpiadi, comunque, hanno liberato, in certo modo, i cinesi da un bagaglio storico incredibilmente pesante che non è facile da comprendere – cento anni di umiliazione nelle mani delle potenze coloniali -, di cui le nuove generazioni in Occidente sanno ben poco. Ora gli stranieri sono benvenuti, cordialmente accolti, da pari, senza il condizionamento del tragico passato vissuto dalla Cina. La spettacolare cerimonia di apertura dei Giochi ha voluto esprimere un messaggio di pace e armonia. In forma artistica è stato citato il detto di Confucio Nei confini dei quattro mari (cioè nel mondo, ndr) siamo tutti fratelli. E che dire della chiusura? Gli atleti sono entrati insieme nello stadio, mescolati tra loro, come amici, in un’atmosfera familiare. Il motto di Beijing 2008 – Un unico mondo, un unico sogno – in quel momento s’è realizzato. Alla conclusione dei Giochi, Rogge ha dichiarato: Il mondo ha conosciuto meglio la Cina e la Cina ha conosciuto meglio il mondo. I cinesi stessi sanno che l’attuale loro sistema presenta un lungo elenco di limiti; ma reputano che con il tempo saranno superati, perché la direzione di sviluppo è giusta e adeguata è la velocità della loro lunga marcia.