Donne, speciali, a cinque cerchi
Meno quattro. Il conto alla rovescia procede spedito la sua marcia di avvicinamento alla cerimonia di apertura che, nella notte italiana a cavallo tra venerdì e sabato prossimi, inaugurerà la trentunesima edizione dei Giochi Olimpici estivi dell’era moderna. Ormai manca davvero pochissimo e in questi giorni di “vigilia” da Rio giungono notizie poco rassicuranti: l’emergenza sanitaria riguardante il virus Zika, le crescenti preoccupazioni sul fronte della sicurezza e della criminalità, i lavori ancora incompiuti per migliorare la viabilità e per mettere “a regime” il villaggio olimpico. Tutto vero, purtroppo, anche se questo, nelle cronache dei principali organi di stampa, sta facendo spesso passare un po’ in secondo piano gli atleti, in altre parole i reali protagonisti dei prossimi Giochi olimpici.
Quegli atleti che con le loro storie, una diversa dall’altra, con le loro imprese e le loro emozioni, fanno sì che questo evento sopravviva alle tante “offese” che lo sport moderno deve subire, prima tra tutte quella di un doping ancora ben lontano dall’essere sconfitto (il recente scandalo abbattutosi su gran parte dello sport russo docet). Per gli sportivi che praticano discipline facenti parti del programma olimpico, infatti, i cinque cerchi conservano un fascino davvero ineguagliabile. Per tutti loro. Per atleti già affermati come i fenomeni Michael Phelps e Usain Bolt, le stelle più celebrate degli ultimi Giochi, quelli di Londra del 2012, per chi, ancora giovanissimo, sogna di diventare in futuro un grande campione, ma anche per quelli per cui il “solo” partecipare rappresenta già un immenso traguardo personale. In altre parole, per la maggioranza dei quasi undicimila atleti che vedremo in gara nei prossimi giorni.
La sfida di Natalia
Natalia Partyka, ad esempio, è una ragazza polacca che lo scorso 27 luglio ha compiuto ventisette anni. Natalia è una giocatrice di tennis tavolo mancina per necessità, visto che è priva dalla nascita dell’avambraccio destro. Ha iniziato a praticare questo sport a soli sei anni, sfidando la sorella Sandra. Poi, appena undicenne, ha preso parte alle Paralimpiadi di Sidney del 2000, stabilendo un record di precocità tuttora imbattuto. Alle successive Paralimpiadi di Atene, nel 2004, ha vinto la medaglia d’oro individuale e l’argento a squadre, stesso risultato ottenuto anche nell’edizione di Pechino del 2008, mentre quattro anni fa, a Londra, al terzo oro consecutivo individuale ha aggiunto il bronzo nella prova a squadre. Natalia, a Pechino e a Londra, non si è però limitata a partecipare e a vincere delle medaglie nelle gare per “diversamente abili” ma, sorprendendo un po’ tutti, è riuscita a qualificarsi anche per i Giochi Olimpici dei “normodotati”, entrando così nella ristretta cerchia degli atleti, una dozzina in tutto, che nella storia hanno partecipato sia alle Paralimpiadi sia alle Olimpiadi (tra questi anche la nostra tiratrice con l’arco Paola Fantato).
«Tutti noi nella vita abbiamo vantaggi e svantaggi – ha spiegato più volte l’atleta polacca –, io preferisco pensare in positivo: ho gambe molto forti e non considero un problema il fatto di non avere una mano. Niente è impossibile, bisogna solo crederci». Natalia, che per battere è costretta a lanciare la pallina con l’avambraccio, nelle ultime due edizioni dei Giochi ha preso parte alla prova a squadre femminile (in entrambi i casi la Polonia è stata sconfitta negli ottavi di finale), e a Londra ha anche partecipato, e ben figurato, alla prova individuale (eliminata ai sedicesimi di finale dalla forte olandese Jie Li). L’atleta polacca è riuscita anche quest’anno a conquistare il pass sia per le Paralimpiadi (dove è ancora la grande favorita), sia per i Giochi dei “normodotati” di Rio 2016. In quest’ultimo caso parteciperà alla prova a squadre, che si disputerà da venerdì 12 fino a martedì 16 agosto (per il dettaglio completo delle competizioni cfr. il programma di gara), confermandosi così come un simbolo della diversa abilità che si fa spazio e riesce a integrarsi con gli altri.
Zahra la portabandiera
Zahra Nemati, invece, di anni ne ha trentuno, e anche lei, sorprendendo un po’ tutti, sarà in gara a Rio sia alle Paralimpiadi sia alle Olimpiadi. Sì, perché questa tiratrice con l’arco iraniana, che da bambina si era avvicinata allo sport praticando il taekwondo (disciplina nella quale era diventata cintura nera), dal 2003 è in carrozzina. Più precisamente dal 26 dicembre di quell’anno, quando un terribile terremoto colpì la città iraniana di Bam causando oltre 25 mila morti e più di 30 mila feriti. Tra questi feriti c’era anche Zhara che, per le conseguenze di un crollo, da allora è rimasta paralizzata a causa delle lesioni subite alla colonna vertebrale. Poi, dopo poco più di due anni da quel catastrofico evento, questa ragazza ha cominciato a praticare tiro con l’arco, sport in cui si è tolta parecchie soddisfazioni, tra le quali anche la partecipazione alle Paralimpiadi di Londra del 2012 dove ha vinto l’oro individuale e il bronzo a squadre.
Ma Zhara, dopo quella grande soddisfazione, è riuscita a fare ancora meglio. Nel corso dei campionati asiatici dello scorso anno, infatti, oltre a ottenere la qualificazione per le Paralimpiadi 2016, è riuscita anche a staccare il pass per prendere parte alle Olimpiadi dei “normodotati”. Ai Giochi di Rio la potremo quindi vedere in gara nella prova individuale, che a livello femminile assegnerà il titolo a cinque cerchi giovedì 11 agosto, ma in realtà potremo vederla ancora prima … Il comitato olimpico del suo Paese, infatti, già dallo scorso mese di gennaio ha annunciato che sarà proprio lei a sfilare davanti ai suoi compagni, con la bandiera della Repubblica Islamica d’Iran, quando venerdì prossimo andrà in scena la spettacolare cerimonia di apertura di Rio 2016. L’oro ottenuto quattro anni fa da Zhara nella capitale britannica, infatti, è stato celebrato con grande partecipazione nel suo Paese, poiché si è trattato del primo in assoluto (tra Olimpiadi e Paralimpiadi) conquistato da una donna iraniana. Così a Rio, tutta una nazione sarà con lei!
Anche per Natalia e Zahra questi sono giorni di “vigilia”. Magari in queste Olimpiadi non vinceranno una medaglia come Phelps o Bolt, ma per loro varrà certamente, oggi più che mai, la famosa frase pronunciata dall’ideatore dei Giochi olimpici moderni, il barone de Coubertin, che proprio a Londra, nel 1908, durante un pranzo ufficiale offerto dal governo britannico ricordò che «l’importante di queste gare non è tanto vincere, quanto parteciparvi». Proprio così: per Natalia e Zahra, comunque vada, partecipare a quest’Olimpiade sarà già un successo.